Continua il viaggio di Antonio Corvino, economista, saggista e poeta, attraverso i cammini del Sud Italia, alla ricerca di identità culturali e sociali. Un grande patrimonio culturale da valorizzare che ancora interessa poco alle Istituzioni, ma che può costituire un volano di sviluppo e soprattutto per le giovani generazioni occasioni di occupazione e di attività imprenditoriali, pur nel rispetto del paesaggio e dell’ambiente.

 

Negli ultimi due anni ho percorso all’incirca 1400 chilometri tra Molise, Campania, Basilicata e Puglia. A piedi. Incrociando strade antiche, a cominciare dall’Appia e Ponti maestosi, seppur semidistrutti. Tratturi regi, come il Pescasseroli-Candela, lungo i quali si snodava la transumanza delle mandrie tra i pascoli di pianura e quelli di montagna a seconda delle stagioni, viottoli di campagna e sentieri lunghi, tanto da attraversare interi pezzi di regioni o solo piccoli pezzi di territorio. Ed ho seguito tracce segnate con colori e vernici ed indicazioni le più varie, apposte su pietre instabili o su massi ben piantati, su tronchi d’alberi e vecchi pali della luce e tracce fissate con il GPS, talora ballerine. Spesso mi sono perduto e più di qualche volta ho dovuto fare i conti con l’assenza di linea telefonica e quindi di connessione. Ho anche attraversato momenti di ansia, soprattutto sui massicci montuosi, sempre comunque uscendone, con calma ed un po’ di fortuna. Non ho ancora una visione completa del Sud. Conto di riprendere presto il mio viaggio attraverso la Sardegna e la Sicilia, la Calabria e l’Abruzzo, ricchissime, come il resto delle terre di mezzo, di patrimoni di tutti i tipi! Ricchissime e abbandonate!
Confesso che il mio girovagare per le terre di mezzo del Sud, è nato dal bisogno di conoscere il territorio. Certo il richiamo della natura è stato fondamentale. Ritrovare il silenzio avvolto da boschi e foreste, circondato dalla macchia mediterranea, tra valli e monti, massicci ed altipiani, fiumi con nobili pretese e torrenti alla mercé delle stagioni o piccoli invasi, mi riconciliava con la vita ed anche con me stesso. Ed oggi non potrei più farne a meno! Ma la molla che ha fatto scattare in me il desiderio di avventurarmi tra le sconosciute terre di mezzo è stata la curiosità di capire cosa c’era oltre gli aggregati urbani che si ammassano lungo le coste, oltre le metropoli, in quella che sempre più spesso appariva come terra di nessuno, lasciata al suo destino e magari nelle mani di chi si sostituisce allo Stato creando delle impenetrabili isole.
La vicenda di qualche anno addietro della giovane donna in fuga con il figlioletto su un’autostrada siciliana, ritrovata, con quest’ultima, priva di vita a qualche centinaia di metri oltre il gard-rail, dopo quindici giorni di ricerche e quella del giovane escursionista francese precipitato in un crepaccio nel Cilento e inutilmente cercato dai soccorritori, mi pose l’interrogativo di cosa ci fosse oltre il gard-rail delle autostrade che sembra segnino anche il confine della civiltà e chi ci fosse a garantire cittadini e viaggiatori o semplicemente passanti. Io stesso nel cuore del Gargano ed in alcune enclave dell’Appennino campano ho rischiato di perdermi in assenza di linea o connessione che potesse consentirmi di ritrovare la strada, per vari motivi, smarrita.

Vi era un’altro motivo che mi spingeva a percorrere le terre di mezzo. Il fallimento di tutte le politiche sin qui varate per il loro sviluppo! Poteva dipendere dalla scarsa o nulla conoscenza dei territori, della loro storia, della loro vocazione. Dalla presunzione di esportare delle politiche più o meno scimmiottate su quelle disegnate per le aree metropolitane. Solo con obiettivi e ambizioni più contenute, magari immaginando che nelle terre di mezzo si potessero ritrovare condizioni di convenienza da terzo mondo. Come successe all’epoca dei distretti industriali! Anni ‘70 e ‘80, mica secoli addietro. Mi sono imbattuto in quel che può essere considerato il fallimento della riforma agraria, per come fu concepita e soprattutto realizzata all’indomani della guerra. Casolari semidistrutti ed intere contrade disabitate sui colli e sulle pendici dell’Appennino Lucano, davano una sensazione di assoluto degrado ma anche un senso di frustrazione infinita. E che dire dei territori in balia dei terremoti tra Irpinia, alta Basilicata e Daunia!I nteri paesi o pezzi di paesi spostati e ricostruiti a monte o a valle cancellando storie millenarie. E l’abbandono dei territori, dei borghi, dei paesi ormai tutti avviati a scomparire. Un borgo con due mila abitanti lì è considerato grande! Ormai il numero degli abitanti si conta in centinaia! Comuni che sino a trenta anni fa contavano 30.000 abitanti, come Monte Sant’Angelo ( certo anche per scomposizione dell’aggregato amministrativo), oggi ne contano più o meno diecimila! I giovani scappano via. 100.000 mila all’anno dicono le statistiche … Adesso vanno via anche gli anziani che raggiungono i figli. Nell’ultimo cammino appena compiuto mi è capitato di vedere un solo fiocco celeste ad un cancello lungo i trecento chilometri percorsi!

E allora?
Lasciamo che tutto prosegua nel silenzio e nell’indifferenza? Magari aspettando che il Mezzogiorno e le sue le terre di mezzo diventino una enorme landa deserta dove far crescere selve di pale eoliche e sterminati campi fotovoltaici per sostenere la fame energetica d’Europa oltre che della italica nazione?
Certo che se lo spolvero di cui godono oggi i cammini in Italia e, finalmente, anche a Sud, sulla scia di Santiago di Compostela, viene confinato nel recinto del cosiddetto turismo alternativo o lento, la scoperta delle terre di mezzo sarà davvero poca e misera cosa.

I bandi che le regioni meridionali, sull’abbrivio del PNRR, stanno promuovendo per sostenere la valorizzazione dei cammini vanno in quella direzione! E speriamo che le risorse che verranno destinate servano a creare cammini in grado di reggersi da soli sventando le tentazioni di creare piccoli feudi per qualcuno che in essi pensa di farsi un piccolo nido. Ma sarebbe comunque davvero poca cosa. Tutti gli economisti e le persone di buon senso sono d’accordo che lo sviluppo del Sud legato al turismo è illusorio, immaginare che i cammini possano rivitalizzare il turismo o addirittura l’economia sarebbe ridicolo. Il recupero dei cammini tra le terre di mezzo è una grande conquista se essa viene interpretata come prodromo della conoscenza dei territori e come leva per farli rivivere. Agli specialisti, agli studiosi dei territori, agli economisti il compito di disegnare delle politiche giuste per recuperare quei territori! Perché una cosa è certa. Il Sud si salva se le aree urbane e le metropoli si evolvono in un orizzonte coerente con la realtà avanzata del mondo, ma si salva anche e, direi, soprattutto, se fa rivivere le sue aree interne.

C’è bisogno di riscoprirne le straordinarie bellezze paesaggistiche. L’incanto dei borghi millenari. Le cattedrali. I castelli. Le campagne. Le molte biodiversità dei territori (la dieta mediterranea è ormai patrimonio dell’umanità, ma noi non ce ne siamo ancora resi conto). La ricchezza delle colture vinicole ed olearie. La pastorizia che ancora lascia le mandrie pascolare libere tra boschi e radure. C’è bisogno di creare accanto a quel che esiste, ed è davvero immenso, le condizioni per attrarre intelligenze, suscitare passioni, create ricchezza, far rifiorire la vita e riempire case e culle, borghi e paesi!
E allora si creino le infrastrutture per una connessione all’altezza. Non servono strade. Anzi troppo si è asfaltato e cementificato. Magari si ripristinino le vecchie ferrovie interne. Qui devono correre le intelligenze, i dati ed i collegamenti non certo le auto o i treni.
E si spostino pezzi di stato, che deve riappropriarsi della sua funzione di protagonista oltre che di stimolo nel vivificare il paesaggio tecnologico e del sapere ma anche quello economico e territoriale. Come facevano gli antichi Romani e Federico, e tutti i grandi protagonisti della storia passata che, non per questo, è superata.
Vi sono immensi patrimoni pronti ad essere valorizzati nei castelli federiciani che costellano le nostre terre di mezzo che oggi, al di là di qualche eccezione, languono. Provate a spostare in questi castelli pezzi della ricerca per l’agricoltura, per l’ambiente, per la biodiversità, per la biologia, per l’archeologia. Provate a spostare nei meravigliosi borghi tristemente vuoti ( se ci vai non avrai dubbi al riguardo) pezzi del Cnr, pezzi di Leonardo. Pezzi del sapere scientifico e tecnologico! In Francia è così da sempre! Spostate nelle terre di mezzo ricercatori e studiosi, manager e espressioni delle istituzioni! Vedrete come il Sud rinascerà. Come la società si riorganizzerà. Come l’economia si ristrutturerà. E come le culle ed i borghi e le città si riempiranno e attireranno gente da tutto il mondo!
È una bella sfida! Se i cammini nelle terre di mezzo aiuteranno ad accoglierla sarà davvero un gran miracolo! Un miracolo che produrrebbe la rinascita del Paese. Come nell’alto Medio Evo le scorribande dell’Arcangelo Michele, presenza cui si ispirano molti cammini, restituirono forza a questi territori diventati campi di battaglia per cattolici e bizantini, longobardi e angioini.
Chissà!

Antonio Corvino
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