E quindi ripartiamo dalla favola di Esopo, seguendo la suggestione di Pietro Busetta, per tentare la divinazione del destino d’Italia e del Mezzogiorno. Affogheranno entrambe, giusto l’epilogo della favola? Molti han teorizzato che l’Italia sarà quel che il Meridione sarà! Di questo passo deve preoccuparsi l’Italia intera e prima di tutti il “bulimico nord”  come lo definisce Busetta. Ma vi è un altro parallelismo pure da molti citato! Il Mezzogiorno sarà quel che il Mediterraneo sarà. Ed anche in questo caso c’è da essere preoccupati visto lo stato in cui versa il Mediterraneo dove la fanno da padroni, come ricorda Busetta, la Turchia (insediatasi in Libia)  e, udite, udite, la Russia ( insediatasi in Siria ) e la Cina ( insediatasi in Africa ). E dunque come se ne esce?

Ed ancora il Mezzogiorno e l‘Italia come si muovono in questo contesto? È ipotizzabile che l’Italia ne esca  senza il Mezzogiorno? Ed è ipotizzabile per l’Europa reggere la sfida mondiale abbandonando il Mediterraneo e quindi i sud del Continente, primo fra tutti il Mezzogiorno italiano? Questioni da far tremare i polsi e che rimandano ad un primo fondamentale quesito. Si possono affrontare tali problematiche con l’attuale classe dirigente nazionale e meridionale? Pietro Busetta è chiaro. No! Esse hanno fallito e vanno cambiate. Ma è proprio qui che appare enorme, aspro ed insuperabile, come  la montagna del Purgatorio agli occhi esterefatti di Ulisse, la questione della insufficienza (e addirittura della non esistenza) di “nuove” classi dirigenti a nord ed a sud! A Sud segnatamente, per quanto ci riguarda!

Il filosofo Aldo Masullo, nella sua postfazione al volume “MEZZOGIORNO IN PROGRESS”, afferma che vi sono due leve fondamentalmente per rimuovere  il sottosviluppo del Mezzogiorno. La leva economica e la leva culturale. La leva economica ha fallito in 75 anni di Repubblica, tacendo degli anni del Regno e della dittatura. Non resta quindi che la leva culturale! E Masullo ha ragione in linea di principio. Ma, ahimè, in Italia, il Governo nazionale a trazione nordista, dagli anni novanta in avanti ha minato la cultura, depotenziando scuola ed università e deprimendo la capacità culturale e quindi di ribellione civica della nazione e del mezzogiorno segnatamente, impoverito dall’esodo dei suoi giovani, come afferma ed argomenta con numeri inoppugnabili l’autore del nostro libro. Da qui il corto circuito che blocca l’Italia sulla trazione nord centrica ed impedisce l’utilizzo della leva culturale indicata da Aldo Masullo per risolvere il sottosviluppo del Sud! Ed allora?Come se ne esce? Pietro Busetta fornisce ampia base di documentazione e discussione per affrontare il dilemma!

Per quanto mi riguarda sono convinto  che ha ragione Pietro Busetta quando afferma che va cambiata la classe dirigente e sono convinto della bontà della diagnosi di Aldo Masullo sulla leva culturale. Ma tutto questo passa da due condizioni:

Che i Meridionali (e gli Italiani) ritrovino la capacità di ribellarsi, il che presuppone la necessità, per essi, di  riappropriarsi della leva culturale;

Che le condizioni di contesto geopolitico mutino in favore di un paradigma che sposti la prospettiva  mondiale dall’asse Nord-Sud all’asse Est-Ovest. La prima vede le sponde nord Atlantiche e del Mare del Nord assolute protagoniste, la seconda assegna al Mediterraneo un ruolo strategico decisivo che oggi non ha! Il Mezzogiorno sarà quel che il Mediterraneo sarà!

 

I destini del Mezzogiorno

Ci vogliono un doppio inferno  e diciotto gironi, secondo la visione di Pietro Busetta, per collocarvi tutti quanti si sono macchiati della colpa che ha precipitato il Mezzogiorno in un destino di abbandono, di desertificazione e di  emarginazione. Con una meticolosità da entomologo egli li scova uno ad uno e ne descrive ruolo e responsabilità. D’altronde, se in 162 anni di stato unitario e in 75 di repubblica, il Sud non ha fatto altro che regredire, sino al punto di convincersi che tra le sue contrade non vi è speranza, le colpe devono essere tremende ed i colpevoli innumerevoli. Dalle classi dirigenti, ai politici, ai partiti politici, ai rappresentanti istituzionali. Tutti moltiplicati per due. Perché, meridonali o settentrionali, erano tutti pervasi da uno spirito guerriero che spingeva il Nord verso il paradiso dello sviluppo ed il Sud verso l’inferno del sottosviluppo.

La grande stampa e le grandi televisioni, tutte proprietà dei padroni del Nord compresa la tv di Stato. E la Banca d’Italia spettatrice interessata del saccheggio del tessuto bancario meridionale e conseguente desertificazione del territorio dal punto di vista finanziario. Gioielli come il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia che un tempo batterono moneta furono divelti e addirittura condannati alla damnatio memoriae. E con essi l’intero tessuto degli istituti di credito finí nel tritacarne della speculazione, della chiusura, della vendita, della scomparsa. Le fondazioni bancarie ne seguirono la sorte.

Provate a comporre il puzzle delle fondazioni bancarie a nord e poi fate analogo esercizio a sud. Vi renderete conto di avere una foresta  rigogliosa a settentrione ed un’asfittica radura a sud. E le Associazioni, Sindacati? La cosiddetta  Società civile che negli ultimi trenta /quarant’anni si era arrogata il diritto di dettare tempi e regole oltre che obiettivi per l’intera nazione? E le consorterie, dalle massonerie più o meno deviate alle mafie? Tutti a dare l’assalto alla diligenza per appropriarsi del tesoro! Ne ha per tutti l’autore de “la rana e lo scorpione”. Anche le associazioni di emanazione religiosa e la stessa chiesa ha colpe tali che la relegano in  un girone infernale.

L’affresco che ne esce è di quelli a tinte forti. Con fiamme alte ed esalazioni sulfuree. Ovvio che il dubbio che vi fosse un minimo comune denominatore ad unire le innumerevoli espressioni della nazione nel gioco a condannate il Sud ad un destino baro e cinico, si imponga. Io me lo sono posto. Alla base vi era il convincimento che il futuro della nazione andasse ancorato inesorabilmente a nord. Sin dai primordi dello Stato unitario e poi anche con la Repubblica. Questa si trovò con un nord sviluppato dalle industrie belliche volute dal fascismo che aveva completato l’opera di affossamento di quel che era sopravvissuto del tempo andato ( I Florio in Sicilia, la cui epopea aveva anticipato le grandi fortune torinesi o milanesi fu condannato alla fine). La presenza di un Sud ormai abbandonato e sottosviluppato era solo il corollario di tale realtà.

Vi furono dei giganti isolati che tentarono di raddrizzare la situazione. Pasquale Saraceno e la scuola di Portici. Il gruppo Nord e Sud a Napoli con diramazioni in molte parti del Sud stesso. Ma furono dei giganti sconfitti dagli dei che detenevano il potere. Vi furono dei politici virtuosi anche! Essi provarono con la programmazione economica di rimediare e creando la cassa per il Mezzogiorno, financo, che operò con coraggio sino a ridurre tra gli anni cinquanta e settanta il divario infrastutturale e di reddito oltre che di civiltà a Sud. Certo con risorse limitate. La Germania in vent’anni investì nella ex DDR l’equivalente di ben 1500 miliardi di euro contro i 350 dell’Italia a Sud in quaranta.Poi gli interessi dell’olimpo politico ed economico prevalsero e la  cassa divenne un carrozzone fino a meritarsi  l’estinzione, nella vulgata del potere. Ed ogni politica di intervento straordinario finí. Anzi il nord impose la sua questione minacciando addirittura la secessione e la battaglia per il Sud fu persa definitivamente!

È mia convinzione che alla base del sottosviluppo del Sud vi sia il paradigma che ha governato l’economia del mondo sin dal dopo guerra. Un paradigma che declina lo sviluppo lungo le coste dell’Atlantico e del mare del Nord guardando al settentrione del mondo come scenario di riferimento e riducendo ( marxianamente) il sud al ruolo di polmone e giacimento per la fornitura di braccia o di cervelli o di materie prime. In tale contesto il Mediterraneo non poteva che divenire luogo di scorribande e le terre africane e orientali, luoghi per facili e convenienti colonizzazioni mentre il Sud dell’Europa diveniva una sorta di convitato di pietra tollerato al gran banchetto del mercato globale.

Solo in uno scenario del genere si possono spiegare tanta convergenza di interessi e tanta coincidenza  di comportamenti a Sud ed a Nord oltre che tanta condiscendenza dell’Europa alle ragioni dei più forti, fino a convincere i meridionali di essere non solo destinatari di un fato baro e cinico ma di essere essi stessi responsabili di quel fato, prima, a causa della “naturale” propensione a delinquere, dimostrata da tal Lombroso nel museo di Torino tuttura aperto e poi con l’assuefazione all’assistenzialismo che tutto il sud ha avvolto in una densa ineliminabile melassa! La soluzione? Il Mediterraneo!

 

Il Sud sarà quel  che sarà il Mediterraneo. L’Italia anche e la stessa Europa.

Solo allorché nel mondo si affermerà un nuovo paradigma che vada oltre l’emisfero settentrionale ed assuma quello meridionale come centrale, esso pure, e la direttire est-ovest come linea necessaria per vivificare il mondo accanto a quella nord-nord, il destino del Sud potrà cambiare. Perché cambierà il destino del Mediterraneo. E cambierà il destino dell’Africa e del vicino e p Oriente. Allorquando il Mediterraneo sarà finalmente un continente. Il continente chiave degli equilibri economici e sociali, politici anche, del mondo. Ed il Sud sarà finalmente necessario allo sviluppo della nazione e della stessa Europa!

Intanto i meridionali dovrebbero cominciare a fare la loro parte, scrollandosi di dosso l’idea che solo fuori dai loro territori essi possano valere e l’Italia ricordarsi che è immersa, tutta, nel Mediterraneo, e che non può permettersi il lusso di fare a meno di un terzo della sua popolazione e di un terzo del suo territorio. È qui che va costruita la seconda locomotiva del Paese per ridare slancio al Nord  e sottrarlo al suo destino di vagone di una locomotiva estranea, opponendosi alla balzana idea di trasformare il sud nell’hub energetico per l’Europa che poi significa divenire l’hub energetico della Germania con al seguito l’Italia. Quella del nord, ovviamente.”

 

Antonio Corvino
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