Vogliamo ricordare Giannino Di Stasio a due anni dalla scomparsa. Un prezioso collaboratore della rivista  Politica Meridionalista oltre che assegnatario del Premio Guido Dorso nel 1974 per la narrativa. 

Giannino di Stasio, irpino di origine, napoletano di adozione, nasce S. Angelo dei Lombardi nel 1941, ha vissuto ed operato a Napoli. Ha pubblicato nel 1979 , Che fa Ivano, storia di una educazione sentimentale, premiata a Scanno con segnalazione speciale “Opera Prima”; Big Boy (1980), storia di un incontro fantastico. Blue Jeans, una storia fatta di tante storie. Ha scritto, inoltre, Perché il sud? (1973) e Università anno mille (1975). Inoltre ricordiamo il suo appassionato reportage Dentro l’irpinia, (1981) una descrizionedi vita paesana prima e dopo il sisma dell’80 e il cntroverso libro Napolitàmo(2008). Molto attivo nella pubblicistica ha affiancato anche la passione per la fotografia, esponendo in due personali con partecipazioni a mostre varie, secondo premio al Palazzo delle Esposizioni di Roma (1972).

Questo il suo profilo professionale ma chi era veramente Giannino di Stasio?

Giannino Di Stasio era un amico ma anche molto di più, un collega prezioso di grande intelletto con la statura di un intellettuale lontano dagli stereotipi e con la modestia di chi non ha bisogno di mostrarsi. Diretto, anticonformista, non allineato, capace sempre di analisi precise, circostanziate, lucide senza orpelli o frasi accomodanti, senza mai il timore di inimicarsi qualcuno o di cercare ad ogni costo il consenso. Sempre in contradditorio fino alla dissacrazione, Giannino fu giornalista severo penetrando nell’argomento con larghi squarci di sapienza. Ma Giannino era soprattutto scrittore e soffrì molto per la grande tragedia del terremoto dell’80 che sconvolse la sua Irpinia (era nativo di S. Angelo dei Lombardi). D’impeto scrisse uno dei suoi primi libri “Dentro l’Irpinia” dove raccontò con grande partecipazione l’immane disastro, i tanti parenti e amici morti, le case distrutte. Per questo e per i tanti altri libri scritti (editi da Adriano Gallina) meritò, negli anni, una serie di ambiti riconoscimenti, dal premio Dorso al premio Scanno. La sua produzione letteraria si è poi anche estesa, con determinazione e competenza, al campo della Scuola dove, grazie all’editore Ferraro, ha contribuito ad arricchire il patrimonio culturale della Scuola stessa. Oggi a due anni dalla morte ci piace ricordarlo con tanta nostalgia, non soltanto perché fu uno dei protagonisti della grande famiglia di Politica meridionalista, ma anche perché Giannino fu un uomo buono animato da grandi sentimenti, sornione ed ironico, brillante e amichevole che si distingueva per la sua battuta sempre pronta, arguta, talvolta anche irriverente. Del resto lui era fatto così.

Riportiamo la recensione del suo libro “Napolitàmo” fatto da un altro caro amico Antonio Pisanti, Vicedirettore  della rivista “Politica Meridionalista”:

Dire di un libro su Napoli che ce n’era bisogno è già abbastanza, visto il gran numero di persone che scrivono libri, inchieste e servizi giornalistici sulla città, anche perché sperano così di essere letti e di aumentare la tiratura del loro giornale o l’audience della loro trasmissione.

Non interessa se i temi sono triti e ritriti, le argomentazioni banalmente unilaterali, poco documentate e ispirate, più che dalla conoscenza dei fatti, da quelle deformazioni dell’informazione globale che accredita stereotipi di facile presa sul pubblico e risparmia ai suoi destinatari  il piacere e l’impegno di ragionare e di comprendere: quel che conviene è scrivere di Napoli.

 Ed ecco che, finalmente, dopo tanti “speciali”, dossier, denunce suggerite dal disprezzo e da un incalzante animus denigratorio nei confronti di tutto il Sud, c’è qualcuno che, proprio mentre Napoli è ancora una volta nell’occhio del ciclone,  trova il coraggio di dedicarle un libro d’amore.

 Il qualcuno è Giannino Di Stasio, pubblicista e narratore che ha al suo attivo una decina e più di romanzi ed altrettanti saggi, più volte premiati con autorevoli riconoscimenti.

È un napoletano acquisito, ma verace (“i napoletani non sono tutti uguali” pag. 39), tanto da dedicare alla sua città “Napolitàmo”, questo è il titolo del libro, un libro del quale è non solo lui ad aver sentito il bisogno fino a scriverlo, ma che è, appunto, un libro di cui c’è bisogno perché si possa uscire, con Giannino Di Stasio, “fuori dal coro” (è il sottotitolo della collana “l’urlo” dell’editore Gallina) di una pubblicistica ormai abusata e stantia.

Ma “Napolitàmo” non è solo un libro d’amore per la città, alla quale l’autore si rivolge ripetutamente, da innamorato, con il vocativo di Napoli mia, riservando solo al suo nome (“bisogna comprendere bene la differenza tra nome e parola” pag. 15) l’evidenza del carattere tipografico che lo fa rimbalzare tra le pagine come in un canto.

 “Napolitàmo” è anche un gradevole pamphlet nel quale Di Stasio si fa severo castigatore  dei suoi denigratori interni ed esterni, i quali, questi ultimi, la “rendono insopportabile anche nella dialettica evanescente di chi non ti frequenta, di chi non vive conte te, di chi non ha alcun legame, né affettivo, né di lavoro, né sporadico con una città che non stima”.

Di Stasio, che si è “letteralmente rotto a sentir parlare male di questa città”, affila le armi del ragionamento, della satira e dell’ironia per smascherare equivoci, pregiudizi e distorsioni che contribuiscono a falsare l’immagine di Napoli e a danneggiarla notevolmente, evidenziando unicamente difetti ed emergenze che pure vi sono, ma ignorandone i numerosi pregi e le enormi risorse e potenzialità.

 Del resto, per riportarsi ad alcuni luoghi comuni emblematici del modo di rappresentare la città, basta scorrere l’indice dei vari capitoli del libro; capitoli che si chiudono con dei piacevoli flash back sulla storia di Napoli, dalle origini fino alla prima metà del Novecento,  storia che rimane quasi  come una musica di fondo dell’intero componimento di Giannino Di Stasio, per riaffiorare di volta in volta con armoniosa leggerezza.

Pagine in amorevole difesa della città, che mettono a confronto i suoi mali con quelli di altri centri urbani in un mondo sempre più turbolento ed invivibile, con un intento, comunque, tutt’altro che assolutorio nei confronti di chi a Napoli questi mali ha concorso e concorre ad aggravare.

Bruno Romanelli
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