La Campania e l’adozione del modello americano di sviluppo regionale

Luglio 2020, nella nostra casella di posta elettronica riceviamo una mail da parte del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) dall’oggetto: Team Highlight: Campania, Italy. Una mail indirizzata a tutta la comunità del MIT in cui la Campania viene descritta come un caso di successo internazionale nella gestione del suo ecosistema di innovazione. Nascondiamo a fatica l’emozione. Ricevere un riconoscimento internazionale dall’ateneo che è stato alla guida dello sviluppo di uno dei poli innovativi più competitivi sulla scena internazionale, ci ha reso orgogliosi come Italiani, specie se provenienti da una regione spesso dipinta dalla stampa internazionale come teatro di vicende malavitose, ambita per lo più come meta turistica e meno riconosciuta per il suo potenziale imprenditoriale ed innovativo.

Il percorso dietro questo riconoscimento (che rappresenta solo un pezzo del puzzle del cambiamento che la nostra regione sta attuando) è un percorso lungo, fatto di persone ed incontri, di ricerca e pianificazione, dove l’università ha avuto un ruolo centrale. È infatti la curiosità accademica a portare a fine degli anni 80, Marco Ferretti – adesso ordinario di Management dell’Università Parthenope di Napoli – a studiare al MIT, dove per la prima volta entra in contatto con un’istituzione che fa della sinergia tra scienza e business un’importante leva di sviluppo territoriale, facendo di una città universitaria – Cambridge – una meta ambita da studenti, scienziati, fondi di investimento, grandi imprese e startup di tutto il mondo. Dopo l’MBA alla Sloan School of Management del MIT, Marco Ferretti continua la sua carriera accademica in Italia e, ispirato dall’esperienza americana, approfondisce i temi legati allo sviluppo territoriale trainato dall’imprenditoria e dall’innovazione, fino a formare nel 2010 un gruppo di ricerca specializzato sui sistemi locali di innovazione presso il Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi (DISAQ) dell’Università Parthenope di Napoli.

L’interesse del gruppo è quello di approfondire le dinamiche che sottendono la nascita di cluster tecnologici e poli innovativi, studiandone le reti di imprese, approfondendo il ruolo dell’università e dei modelli delle politiche di sviluppo regionale soprattutto nelle economie emergenti come la Corea del Sud, gli Emirati Arabi e l’Iran (ref. Ferretti e Parmentola, 2015). Durante questi anni il gruppo monitora gli avanzamenti sul tema fatti dal MIT, in particolare dall’Industrial Performance Center (IPC)  guidato dal Prof. Richard Lester ed Elizabeth Beck Reynolds, nato con l’intento di orientare il dibattito sulle politiche industriali di innovazione negli USA, le cui ricerche rappresentano un punto di riferimento nel filone degli ecosistemi di innovazione. Nasce un dialogo tra l’IPC e il DISAQ che si consolida nel 2017, con l’avvio di una  collaborazione di ricerca in tema di ecosistemi di innovazione, formalizzato con l’invio di un Visiting Researcher della Parthenope presso il MIT, all’IPC.  È Eva Panetti ad essere ospitata dal MIT per lavorare al fianco dei ricercatori dell’IPC per condurre una ricerca sul sistema di innovazione biofarmaceutico di Boston (ref. Panetti et al. 2019).  

Immersa nella sua unità di analisi – il cluster biofarmaceutico di Kendall Square – Eva Panetti intervista molti dei protagonisti dell’ecosistema – da top manager a capo di Big Pharmas come Novartis, a giovani imprenditori ed illustri accademici, fino a  rappresentanti delle istituzioni pubbliche – ma ciò che più la colpisce è la concentrazione geografica delle attività di questi attori riconducibile a poco più che un chilometro quadrato, il che ispirerà i futuri lavori del Gruppo Parthenope sul ruolo della prossimità geografica nell’innovazione. In quel periodo, Eva Panetti ha inoltre la possibilità di seguire un corso alla MIT Sloan sugli ecosistemi di innovazione dove incontra Fiona Murray e Phil Budden, docenti del corso Regional Entrepreneurship Acceleration Lab. Questo incontro le darà la possibilità di apprendere l’applicazione nel mondo reale di quello che per lei fino a quel punto era stato un tema approfondito solo da un punto di vista teorico. Apprende il modello di sviluppo americano dei sistemi di innovazione e viene esposta alla relativa applicazione in contesti regionali molto lontani da quello statunitense e ne apprezza l’adattabilità e  gli effetti, grazie alle numerose testimonianze offerte da manager, policy maker e accademici di paesi come il Giappone, la Nigeria, gli Emirati Arabi, il Venezuela etc. che mostrano i programmi di accelerazione regionale ispirati dal modello MIT.

È in questo momento che viene a conoscenza del Programma promosso dal MIT “Regional Entrepreneurship Acceleration Program”, un programma attraverso cui la faculty del MIT si propone di supportare regioni internazionali nel disegno e l’implementazione di una strategia per lo sviluppo delle imprese innovative locali sul modello americano. Il programma, su base competitiva, prevede la creazione di un team regionale composto da un gruppo di otto attori di alto profilo provenienti dal mondo accademico, imprenditoriale, istituzionale e finanziario che saranno formati e monitorati nell’ambito di un training della durata di due anni fornito dal gruppo di esperti del MIT. Il programma rappresentava la possibilità di chiudere un cerchio rispetto a quella esperienza di collaborazione: mettere al servizio del proprio territorio la conoscenza appresa attraverso la ricerca il che, per noi accademici, rappresenta una delle forme più alte di realizzazione. Dopo esser venuta a conoscenza del programma, nel Giugno 2017,  Eva Panetti si rivolge subito a Marco Ferretti il quale, con grande entusiasmo, intravede nell’iniziativa una grande opportunità per il rilancio dell’economia campana.

Il Gruppo Parthenope, formato da Marco Ferretti, Francesco Calza, Adele Parmentola e Eva Panetti si mette quindi in moto alla ricerca degli altri attori da coinvolgere nella squadra. Ne segue un lungo lavoro, durato sei mesi, durante i quali il gruppo Parthenope si è adoperato per identificare i profili più adatti da coinvolgere nella squadra, nonché a disegnare un’ipotesi progettuale interessante da proporre al MIT. L’Assessore della Regione Campania all’Innovazione, Startup e Internazionalizzazione Valeria Fascione, è stata tra i primissimi interlocutori contattati dal Gruppo Parthenope ad accogliere con entusiasmo il progetto, ritenuto da lei in linea con la sua visione strategica e programmatica di rilancio dell’ecosistema startup Campania. Poco dopo, il coinvolgimento di Vito Grassi, oggi vicepresidente di Confindustria e presidente di Graded il quale, affiancato da Ludovica Landi (COO di Graded), è portatore di una visione di sviluppo del territorio trainato dall’innovazione e dall’attrazione dei giovani talenti, così come testimoniato dagli innumerevoli progetti innovativi che da anni i due portano avanti con determinazione.  Sempre per l’industria, abbiamo trovato la disponibilità anche da parte di Giovanni Ranieri, Amministratore Delegatodi Next Geosolutions, un’azienda appassionata che utilizza la tecnologia avanzata per esplorazioni dei fondali marini offshore, legata alla tradizione marittima del nostro territorio.

Infine, abbiamo ottenuto la partecipazione dell’armatore Guido Grimaldi, grande protagonista dell’industria del trasporto marittimo e della logistica italiana e di Antonio Errigo (Direttore di ALIS). Così composto il Team, per quanto ben assortito, mancava ancora di un elemento fondamentale, la controparte rappresentativa del sistema finanziario. Numerose sono state le porte dei fondi e delle banche a cui abbiamo bussato, prima di conoscere Pierpio Cerforgli, Vicedirettore di BPER Banca. Un instancabile bolognese con la missione di rimodernare il sistema della banca tradizionale, legato da profondo legame alla Campania. Finalmente la squadra è al completo, nel Maggio 2018 – dopo un lungo processo di selezione – il Team entra ufficialmente a far parte del Progetto MIT REAP con l’obiettivo di rilanciare la competitività dell’ecosistema imprenditoriale regionale, ed è l’inizio di un percorso che durerà due anni.

Il Modello MIT REAP

Il modello di sviluppo MIT REAP si basa su un processo e una metodologia complessi, difficilmente riassumibili in poche righe, ma che poggia su alcuni presupposti di base sintetizzabili nei seguenti punti.

  1. Identificazione del vantaggio competitivo regionale. Sin dai tempi della teoria del commercio internazionale di David Ricardo, è noto come ogni nazione abbia una specializzazione produttiva che le permetta di mantenere un vantaggio competitivo ed un utilizzo più efficiente delle proprie risorse. Il Modello MIT REAP applica questo principio alle economie regionali, abbandonando l’idea di una specializzazione settoriale mainstream da adottare, bensì identificando le fonti di maggiore competitività della regione (settoriale, tecnologica, geostrategica etc) con l’intento di valorizzarle.
  2. Priorità alle IDE. Un altro importante principio del modello risiede nel supportare la crescita delle innovation-driven enterprises (IDEs), ovvero startup il cui vantaggio competitivo e potenziale di crescita è trainato dall’innovazione. Il ruolo delle IDE nell’ambito dello sviluppo degli ecosistemi è di fondamentale importanza, data la loro capacità di crescere rapidamente e il loro potenziale per la creazione di posti di lavoro, in virtù di un effetto moltiplicatore (the Moretti multiplier) secondo cui per ogni nuovo tech job, se ne generano almeno altri cinque nei servizi che gli gravitano attorno (Moretti, 2013).
  3. Incrementare le eCap e iCap regionali. Una delle funzioni fondamentali degli ecosistemi di innovazione (Jackson, 2011) è quella di contribuire a colmare il gap tra l’economia commerciale e l’economia della conoscenza (Jackson, 2011). Pertanto, una buona strategia di sviluppo regionale deve puntare ad aumentare non solo la capacità di innovazione (innovation capacity – iCap) di una regione (attraverso per esempio incentivi alla ricerca, alla formazione di laureati STEM, etc. ) ma anche alla sua capacità di creare un ambiente favorevole alla nascita e allo sviluppo dimensionale di nuove imprese (entrepreneurial capacity -eCap), facilitando così la commercializzazione dei risultati della ricerca e dell’innovazione (es. incentivi a spin-off accademici; finanziamenti per startup innovative, etc) creando valore nell’economia reale di un territorio.
  4. The Five Stakeholders model. Inizialmente, l’approccio allo sviluppo degli ecosistemi di innovazione si fondava sulla sinergia tra tre attori fondamentali: università, imprese e governo, definite come le tre eliche di un motore di sviluppo locale basato sulla commercializzazione dei risultati della ricerca scientifica e la predisposizione di politiche a supporto delle relazioni università-impresa. Negli anni questo modello, noto come Tripla Elica (Etzkowitz 1996) ha lasciato spazio ad un’interpretazione più ampia del fenomeno, ampliando il parterre dei protagonisti generalmente coinvolti attivamente nello sviluppo del territorio. Il modello MIT, per la prima volta parla del ruolo delle grandi imprese e degli istituti finanziari nello sviluppo degli ecosistemi locali di innovazione, mostrando le potenzialità di un modello di sviluppo pentagonale dove accanto alle università, le grandi imprese, le PMI e il governo, compaiono per la prima volta i grandi attori del mondo della finanza: venture capitalists, business angels, fondi di investimento e banche.
  5. Program, Policies and Programs (PPIs). Dopo aver diagnosticato lo stato di salute dell’ecosistema, è bene intervenire sui punti di maggiore debolezza attraverso un mix di interventi strategici di varia natura, i.e. Policies, Programs and Initiatives – PPIs che prevedano da un lato (i) politiche di lungo periodo (generalmente intraprese dalle istituzioni) in grado di causare un cambiamento duraturo sul contesto in cui le risorse dell’ecosistema sono distribuite e dall’altro (ii) specifiche azioni di medio e breve periodo intraprese da qualsiasi altro gruppo di stakeholder (e.g. università, imprese, investitori) che possano agire su aspetti specifici dell’ecosistema i cui effetti possano essere monitorati (per esempio acceleratori, investimenti early-stage, rete di mentorship, premi e competizioni).
  6. Il Ruolo delle Backbone Organizations. Infine, ai fini dell’implementazione e del monitoraggio degli interventi strategici, il modello MIT prevede la costituzione di una backbone organization, generalmente nella forma di un comitato tecnico che si assuma la responsabilità operativa della gestione del piano strategico e che sia composto da rappresentanti del mondo istituzionale, accademico, imprenditoriale, finanziario e corporate.

Il Modello MIT REAP in Campania

L’adozione del modello MIT REAP in Campania si inquadra in un periodo durato due anni (Maggio 2018 – Ottobre 2020), durante i quali il Team Campania è stato sottoposto ad un training intensivo alla Sloan Management School del MIT nonché ad un’attività di supporto continuo da parte della faculty del MIT attraverso workshop in presenza, conference call e un fitto scambio di documenti e report. La prima fase è stata una fase diagnostica, in cui ci siamo dedicati allo studio della capacità imprenditoriale e innovativa dell’ecosistema Campania attraverso l’analisi di dati e la conduzione di una survey su un cospicuo campione di imprenditori regionali.

Dai dati emerge una buona potenzialità della Regione in termini di innovazione e imprenditorialità: Napoli è la terza città per startup innovative in Italia e la Campania è la seconda regione per numero di imprenditori under 35 (ISTAT, 2018). Rassicuranti anche i dati sulla spesa complessiva in Ricerca e Sviluppo (prima regione nel sud Italia) e per la numerosità dei ricercatori (oltre 24.000). Inoltre, tra i settori più dinamici, spicca quello dell’economia del mare che, trainato dai grandi gruppi armatoriali del territorio e forte della posizione geostrategica della Regione nel Mediterraneo, nonché dalle prospettive di investimenti futuri legati alle Zone Economiche Speciali, rappresenta un’importante leva di vantaggio competitivo regionale.

Tuttavia sebbene questi dati rappresentino una buona base di partenza per lo sviluppo dell’ecosistema, dallo studio sono emerse anche molte criticità tra cui una forte dipendenza delle startup da forme di finanziamento di tipo pubblico e di conseguenza una  scarsa presenza sul territorio di flussi di capitale di rischio: in Italia nel 2018 solo il 4% degli investimenti di venture capital hanno finanziato imprese campane, contro il 56% della Lombardia (AIFI, 2018). Inoltre, gli imprenditori intervistati lamentano uno scarso livello di collaborazione tra gli attori del territorio (appena il 16% delle imprese ha dichiarato di collaborare con le università) (cfr. MIT REAP – The State of Innovation & Entrepreneurship in Campania, 2019). Questi risultati hanno orientato la strategia  del Team Campania che, insieme al MIT, si è impegnato nella definizione di iniziative concrete, nell’ambito di un piano strategico (2020  – 2025) basato su 4 pilastri fondamentali, illustrati nel dettaglio come segue.

PILASTRO 1. SOSTEGNO ALLA CRESCITA DELLE STARTUP

Premessa:  Sebbene la Campania presenti un alto numero di startup innovative, uno dei principali  problemi che abbiamo riscontrato rientra in una scarsa capacità manageriale all’interno dei team imprenditoriali, il che non permette un pieno sfruttamento delle potenzialità di mercato delle innovazioni oggetto dello sforzo imprenditoriale. Pertanto, abbiamo disegnato un pacchetto di iniziative che puntasse a rafforzare le capacità manageriali dei neoimprenditori, ad accompagnarli all’ingresso al mercato e ad assicurare un supporto finanziario in fase di avvio.

  1. La Piattaforma di Open Innovation della Regione Campania: La Open Innovation Platform è uno strumento collaborativo sviluppato e gestito dalla Regione Campania per favorire e supportare l’incontro tra la domanda di innovazione proveniente dalle grandi imprese della Campania e l’offerta di soluzioni tecnologiche proposta dalle startup regionali. 
  2. Knowtrack: un acceleratore virtuale finanziato dal DISAQ dell’ Università Parthenope per supportare la generazione di nuove idee di business e a guidare la loro trasformazione in start-up, nonché per rafforzare le capacità manageriali di start-up esistenti al fine di contribuire alla loro crescita. L’acceleratore offre servizi di mentoring, supporto al business planning e alla partecipazione a bandi di finanziamento pubblico, nonché servizi di consulenza per la ricezione di investimenti privati. 
  3. Avviso Pubblico “Campania Startup 2020”: stanziamento complessivo di 5 milioni di euro (su base annua) da parte della Regione Campania per sostenere la creazione e il consolidamento di start-up innovative ad alta intensità di conoscenza e per aumentare la competitività del sistema produttivo regionale attraverso lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e servizi ad alto contenuto innovativo (max 300.000 €/beneficiario). 
  4. Avviso Pubblico “Innovazione e trasferimento tecnologico: sostegno alle imprese campane nella realizzazione di studi di fattibilità (Fase 1) e progetti (Fase 2) coerenti con la RIS3”: stanziamento complessivo di 5 milioni di euro (su base annua) da parte della Regione Campania per supportare le attività di innovazione delle aziende già esistenti finanziando da un lato, studi di fattibilità per esplorare le potenzialità commerciali di idee innovative sviluppate (Fase1) e dall’altro, progetti di trasferimento tecnologico e di prima industrializzazione per le imprese innovative e ad alto potenziale. 

PILASTRO 2. AUMENTO DEI FLUSSI DI CAPITALE PRIVATO

Premessa: Una delle altre criticità che abbiamo riscontrato nell’ecosistema riguarda il basso tasso di sopravvivenza delle startup dopo i cinque anni, nonché una scarsa crescita dimensionale che le rende poco attrattive per iniezioni di capitali o acquisizioni dal modo corporate e finanziario. Una delle possibili cause risiede per noi nella diffusa dipendenza delle startup dai finanziamenti pubblici che, seppur validi strumenti in fase di avvio, hanno evidentemente un pressione competitiva inferiore rispetto a quella esercitata dagli obiettivi di profitto dei  fondi privati. Pertanto, abbiamo proposto una serie di iniziative e programmi che incentivassero il flusso di capitali privati nella regione attraverso la riduzione del rischio dell’investitore privato, nonché attraverso l’aumento della visibilità delle startup regionali ad un audience di investitori internazionali.  

  1. a) SPINTAS (SuPporto all’imprenditorialità e all’INnovAzione nel Sud Italia): Il Gruppo Parthenope ha elaborato una proposta per l’ottimizzazione di una parte delle risorse finanziarie del Fondo Nazionale per l’Innovazione (FNI – Legge di Bilancio 2019), presentata alla Commissione parlamentare sulle Attivita’ Produttive, Commercio e Turismo. Si tratta di una misura di matching funds, ovvero la costituzione di un fondo per la concessione di prestiti agevolati a fondi Venture Capital e Private Equity che investono nel Mezzogiorno (nella misura del 50% della singola operazione) in cambio dell’apertura di un’unità operativa del fondo in una delle regioni meridionali dove risiedono i beneficiari dell’investimento (vincolo di prossimità).
  2. b) MIT Alumni Angels Club Italy: La costituzione di un’associazione di ex-alunni italiani del MIT finalizzata alla creazione di un network tra questi e gli imprenditori del meridione attraverso programmi di mentorship e eventi per creare opportunità di investimento di tipo business angel.
  3. c) The Diaspora Project: Da una conversazione con il Prof. Bill Aulet del MIT, è nata l’idea di creare una rete tra imprenditori di successo italo-americani – figli della Diaspora italiana del XX secolo – con neoimprenditori del Sud Italia per avviare un programma di mentorship ed attivare possibilità di investimento, esponendo i nostri imprenditori all’esperienza internazionale di top manager che avessero il desiderio di riscoprire le proprie origini attraverso il business.

PILASTRO 3. CULTURA D’IMPRENDITORIALITA’ E DI ECOSISTEMA

Premessa: Dai nostri studi è emersa una scarsa propensione all’imprenditorialità nelle giovani generazioni spesso preoccupate dai rischi connessi all’avvio di nuove imprese e ad una scarsa fiducia nei meccanismi di supporto istituzionale in caso di fallimento. Inoltre, la scarsa attitudine alla collaborazione con gli attori locali – emersa tra i nostri imprenditori – è indice di un basso livello di fiducia nella rete di attori tipica di un ecosistema di innovazione. Pertanto, abbiamo predisposto una serie di iniziative che andassero ad alimentare la cultura dell’imprenditorialità e di ecosistema tramite programmi di alta formazione e strumenti di didattica innovativa e misure pubbliche che incentivassero la collaborazione tra gli attori a livello locale finalizzata allo sviluppo di innovazione.  

  1. a) Dottorato in “Imprenditorialità e Innovazione”Il Dottorato di Ricerca in Imprenditorialità e Innovazione nasce grazie all’impegno congiunto del Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi dell’Università degli Studi di Parthenope e del Dipartimento di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e mira a formare futuri ricercatori esperti nella materia di management dell’ innovazione. 
  2. b) Avviso Pubblico “Misure di rafforzamento dell’Ecosistema innovativo della Regione Campania”: Stanziamento complessivo di 4 milioni di euro da parte della Regione Campania per sostenere interventi di animazione e scouting, idea generation e business acceleration finalizzati al rafforzamento della capacità imprenditoriale della Campania, ad opera di Università̀, incubatori d’impresa, centri di ricerca e mondo produttivo locale (max 200.000 €/beneficiario).
  3. c) Osservatorio sui Sistemi Locali di Innovazione “SLIOB”: Il primo osservatorio italiano dedicato allo studio e al monitoraggio degli ecosistemi di innovazione, fondato dal DISAQ dell’Università Parthenope di Napoli. L’Osservatorio ha l’obiettivo di promuovere la creazione e il trasferimento della conoscenza sugli ecosistemi di innovazione sia attraverso modalità tradizionali (report, pubblicazioni scientifiche ed eventi), sia innovative (Massive Open Online Courses, business games, workshops). 
  4. d) Cattedra UNESCO “Innovation and Entrepreneurship Ecosystems in the Mediterranean and MENA countries”: Sulla base dell’expertise in tema di ecosistemi di innovazione sviluppata negli ultimi anni, il Gruppo Parthenope si è fatto promotore di una Cattedra UNESCO con l’obiettivo di fornire percorsi di alta formazione, attività di supporto e laboratori specifici volti a creare le condizioni e le capacità necessarie per la creazione di ecosistemi di innovazione nei paesi dell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa).
  5. e) The Entrepreneurial Ecosystem Game (TEEG): Il DISAQ ha sviluppato un business game virtuale in cui i giocatori svolgono il ruolo di policy maker nel contesto di un ecosistema imprenditoriale. La simulazione esplora le dinamiche di un ecosistema imprenditoriale che mira a stabilire le condizioni per la creazione e la sopravvivenza di start-up nel lungo periodo attraverso tre diversi tipi di strumenti: politiche analitiche, meta-organizzative e di intervento.
  6. f) Massive Open Online Courses (MOOC) sull’imprenditorialità: sviluppo di percorsi formativi online (durata di 3 settimane) erogati dal DISAQ – in tema di imprenditorialità. I corsi approfondiscono tutte le fasi del processo di generazione di startup a partire dallo sviluppo dell’idea fino all’ingresso sul mercato. Il corso si basa sulla metodologia Design Thinking e può essere frequentato gratuitamente sia dagli studenti Parthenope che da esterni.  

PILASTRO 4. SVILUPPO DI UN POLO INNOVATIVO SULLA BLUE ECONOMY

Premessa: Napoli è la seconda città italiana per numero di imprese impegnate nel settore della blue economy (16.564), ed è sede di grandi player del settore a livello internazionale (es. Grimaldi, MSC, Marnavi). Inoltre, più della metà delle imprese giovanili dell’economia marittima sono concentrate nel Mezzogiorno e la Campania è stata scelta come sede del “Cluster Tecnologico Nazionale Blu Italian Growth”. Infine, nel 2018 è stato costituito a Napoli il primo “Osservatorio per la Blue Economy”, che ha coinvolto numerosi enti accademici, imprenditoriali e associativi, con l’obiettivo di sviluppare soluzioni e iniziative comuni per valorizzare l’Economia del Mare. Con l’obiettivo di mettere a sistema questi elementi di specializzazione settoriale regionale, puntando anche al ruolo leader dell’Università Parthenope (storicamente legata alla tradizione industriale marittima del territorio) stiamo lavorando allo sviluppo di un cluster sub-regionale sulla blue economy per la realizzazione di progetti innovativi creando una rete tra i grandi player presenti sul territorio e startup innovative del settore bluetech, e i dipartimenti accademici competenti in materia.  

  1. a) Lo sviluppo di una Smart Bay a Napoli: Si tratta di un piano a lungo termine che mira a seminare lo sviluppo di un cluster BlueTech partendo dalla riconversione di un’ex area industriale di Napoli in un’area di accoglienza per startup innovative operanti nel settore Blue Tech. Inizialmente, il progetto farà leva sul coinvolgimento di grandi aziende del settore con un investimento iniziale di circa 10 milioni di euro tramite un Contratto di Sviluppo Nazionale. Il Progetto Smart Bay è stato recentemente incluso tra le priorità del Piano di Ricerca Nazionale con l’obiettivo di creare un polo di eccellenza in Campania sullo sviluppo di progetti di ricerca e sviluppo nel settore della Blue Economy.
  2. b) Smart Bay Steering Committee: Sta per essere istituito un comitato direttivo per la gestione e il monitoraggio dello sviluppo e della gestione delle attività necessarie allo sviluppo della Smart Bay. Lo Steering Committee sarà un organo tecnico-politico composto da Autorità portuali, armatori e imprenditori del settore, ed esperti accademici di economia marittima. 

Conclusioni

La gestione, l’implementazione e il monitoraggio del piano strategico per lo sviluppo dell’ecosistema Campania sarà affidato al Comitato di Attuazione delle Misure Progettuali (CAMP) che è composto dai membri del Team Campania che hanno partecipato al Progetto MIT REAP. CAMP nasce – oltre che da esigenze operative –  soprattutto dalla determinazione dei membri del team di portare avanti la visione comune di cambiamento che abbiamo sviluppato negli ultimi due anni grazie al progetto MIT REAP.  Il piano strategico – così come dettagliato nelle pagine precedenti – è frutto di un lungo processo di riflessioni e di lezioni che abbiamo appreso durante il percorso.

La prima lezione che abbiamo appreso riguarda il ruolo del governo regionale. Dal lavoro assiduo fatto insieme a Valeria Fascione siamo stati testimoni di un cambiamento del ruolo del governo regionale da un soggetto che lavora per le imprese ad  un soggetto che lavora con le imprese. Abbiamo assistito ad un lavoro da parte del governo regionale che non si limita allo stanziamento di fondi per l’avvio di startup, ma che all’occorrenza si trasforma in consulente o intermediario (tra startup, grandi imprese e fondi di investimento), affinché le imprese – una volta avviate – trovino un reale riscontro nel mercato. La seconda lezione che abbiamo appreso riguarda il ruolo dell’università nel territorio. In un contesto in cui gli indicatori di valutazione delle carriere accademiche premiano le performance individuali di ricerca, in cui gli sforzi di ricerca sono spesso finalizzati alla sola pubblicazione scientifica, noi abbiamo riscoperto quanto l’impegno diretto sul territorio e la collaborazione con attori di diversa natura possa riempire di significato le nostre ricerche e validare dei modus operandi in altre sfere nei settori di nostra competenza.

Infine, abbiamo apprezzato fino in fondo il valore della relazione sia a livello locale che internazionale. Spesso, il potenziale di innovazione delle nostre imprese è stato frenato da una mancanza di visibilità sui canali di investimento e di domanda, nonché da una mancanza di capacità di gestione delle proprie potenzialità assimilabili solo attraverso il consulto con manager di esperienza e con l’esposizione ad opportunità ambiziose, raggiungibili attraverso l’inserimento in determinati network. La redazione del nostro piano strategico, riflette queste (ed altre) lezioni apprese durante il confronto con il MIT e tra i membri del team stesso, una squadra di individui con obiettivi diversi ma accomunati dalla passione e dall’orgoglio per il nostro territorio. 

Riferimenti bibliografici:

Ferretti, M., & Parmentola, A. (2015). The creation of local innovation systems in emerging countries: the role of governments, firms and universities. Springer.

MIT REAP – The State of Innovation & Entrepreneurship in Campania, 2019

Moretti, E. (2013). Where the good jobs are-and why. Wall Street Journal262, A15.

Panetti, E. (2019). The Dynamics of Local Innovation Systems: Structures, Networks and Processes. Routledge.

Panetti, E., Parmentola, A., Ferretti, M., & Reynolds, E. B. (2019). Exploring the relational dimension in a smart innovation ecosystem: a comprehensive framework to define the network structure and the network portfolio. The Journal of Technology Transfer, 1-22.

Rapporto di ricerca Venture Capital Monitor – VeM Aifi-Pwc , 2017

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Marco Ferretti ed Eva Panetti
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