L’Italia ed il Mezzogiorno come “il lupo e l’agnello”

Come nella favola di Esopo riproposta da Fedro, Superior stabat lupus  ma era il povero agnello responsabile di tutto…Era l’agnello sacrificale, anzi l’agnello sacrificato, ad aver provocato tutti i guai! Così la colpa del mancato sviluppo del Sud ricadde sul Mezzogiorno. Sin  dal tempo dei Briganti ed anche al tempo degli Anarchici, allorquando fu chiaro che la rassegnazione, seguita agli eccidi ed ai fallimenti,  aveva ormai preso il sopravvento sulla voglia di ribellarsi. I suoi cittadini erano pigri ed infingardi e, secondo Lombroso che creò il suo museo in quel di Torino, anche naturalmente predisposti a delinquere se non proprio di… razza inferiore. La classe dirigente, per parte sua, da sempre alla ricerca di prebende  e protezioni varie, era irrimediabilmente incapace, corrotta e avida. La società, nella sua interezza, priva del senso dello Stato e delle Istituzioni e mentalmente sottomessa alla malavita. La malavita organizzata si nutriva dell’assenza di senso civico se non della connivenza della popolazione. E così via. L’elenco era aperto alla fantasia di chiunque avesse  voluto arricchirlo. Superior stabat lupus ma la colpa era dell’agnello.

Tutte cose verosimili ed, in qualche misura, anche vere. D’altronde gli infingardi ci sono dappertutto. Anche al Nord! Gli incapaci che governano  e si arricchiscono sulle spalle degli amministrati ci sono pure al nord. E si potrebbe continuare di questo passo sempre avendo voglia di ampliare o completare l’elenco. Sfuggiva, volutamente o meno, che lo stato, per sua natura è il primo responsabile della felicità della nazione,  comunque composta e/o ricomposta, ed anche del sottosviluppo del Sud che di quella nazione era parte anche preponderante,  e che quindi su di esso gravava la responsabilità di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo o le condizioni dell’arretratezza, ma… era più semplice, anche redditizio,  far ricadere la colpa  di tutto sul Mezzogiorno.

Avvenne così che, in epoca repubblicana, allorquando i diritti di tutti,  e quindi anche del Mezzogiorno, sembravano riprendere fiato, dopo qualche decennio di accondiscendenza,  la cassa per il Mezzogiorno, invocata e poi creata per unire la Nazione e renderla se non  felice almeno non eccessivamente divisa  tra infelici e felici, venne chiusa e l’intervento straordinario progressivamente abolito. Di coesione sociale e di perequazione tra le due italie, man mano che l’avvento della Repubblica si allontanava tra le nebbie della storia  e gli effetti della guerra di liberazione si perdevano nel tempo, non si parlò più e, a partire dal 1989, anno dell’avvio dell’intervento strutturale dell’Unione Europea, la questione del Sud fu derubricata a questione di interesse europeo, e come l’Europa,  tutta da ricostruire con calma e senza spese eccessive! Al posto della questione meridionale insorse la questione settentrionale.

La parte più produttiva del Paese pretendeva i suoi privilegi!  Non poteva perdere tempo con ferrovie lente e autostrade intasate e nemmeno con città non all’altezza del loro ruolo di vetrine e motori sul palcoscenico mondiale. E nemmeno con ingredienti vetusti e tali da rallentare nel mondo, ed anche in casa, la voglia di bersela tutta d’un fiato quella porzione d’Italia, bella, moderna, affascinante, attrattiva e frizzante. Tanto frizzante… e gustosa anche. La cosa straordinaria fu che tutti, ma proprio tutti, si convinsero che le cose stessero così. Anche a Sud dove abitanti, imprese, politica ed istituzioni presero ad assuefarsi all’idea di vivere di luce riflessa e di rivoli più i meno copiosi che li confortavano e addirittura li facevano sentire orgogliosi e soddisfatti del successo nazionale. Il treno viaggiava ed anche i vagoni a sud seguivano.

Dagli anni novanta in avanti non vi furono più discriminanti. Destra e sinistra  presero  a fare la gara sul nord, motore della nazione e locomotiva d’Europa! Era chiaro ormai a tutti! Vinceva chi conquistava il nord. E tutti divennero sostenitori dell’indispensabile  salute del Nord. La teoria della locomotiva settentrionale e dei vagoni meridionali  era ormai un dato acquisito. Valido per tutti. Anche per il Mezzogiorno! Nonostante la disoccupazione alle stelle, il pil pari alla metà di quello nazionale e ad un terzo di quello del solo Nord. Nonostante a Sud non si costruissero asili nido e le scuole fossero fatiscenti. Nonostante i suoi porti languissero e guardassero  sfilare le navi conatainer sotto gli occhi, dirette chissà dove! Nonostante le sue imprese arrancassero dietro ordini incontrollati e costi sempre eccessivi ( a detta dei committenti)! Nonostante le ore infinite per spostarsi in treno, in aereo, in auto e via dicendo! Superior stabat lupus… ma l’Agnello si era ormai convinto che era colpa sua se era gracile e debole, arretrato e sottosviluppato, preda delle mafie, della burocrazie e della politica corrotta, o al massimo così e così, oltre che vittima  predestinata a placare gli appetiti del nord.

Era il trionfo dello sviluppo per tracimazione o per sgocciolamento. Se cresce la nazione ( che poi tradotto significava “prima il nord”), cresceva anche il Sud! E giù con leggi  e provvedimenti giusti per l’intero paese! Poi chi aveva più filo da tessere, tesseva! Ed il Sud, privo di telaio e di cotone, lana e altre fibre, stava a guardare, convinto anche che fosse colpa sua se non riusciva a tessere! Convinto che doveva darsi da fare secondo il mantra da tutti recitato. A fare che cosa, teorici e politici, però, non lo spiegavano! Continuavano a ripetere come dischi rotti…Alimentate sino alla sazietà ed oltre il nord e qualcosa arriverà anche al sud! …Fate correre la locomotiva del nord ed anche i vagoni del sud cammineranno. Funzionale a tale visione fu la narrazione sui distretti industriali che, grazie allo sgocciolamento, erano attecchiti anche a Sud!

Ed in realtà qualcosa successe tra gli anni ‘80 ed i primi anni ‘90. Solofra, Casarano, Barletta, la val d’Agri, Gela, qualcosina nel cosentino, Modugno, Santeramo-Matera, l’Abruzzo ed il Molise, si riempirono di piccole e medie aziende anche di grandi in qualche caso! Il nord spingeva e a Sud nasceva un tessuto da esso dipendente! Per via dei costi bassi e convenienti. Poi arrivò la globalizzazione ed i costi bassissimi in giro per il mondo cambiarono le cose. Nel Mezzogiorno i distretti chiusero. Rimase  qualche eccellenza – eccezione. Che, però, come le rondini isolate, non facevano primavera o, se si vuole, come gli alberi nella savana, non facevano foresta. Rimasero solo scorie, più di qualche fiume inquinato, e fabbriche deserte, divenute ruderi che si cumulavano con le rovine dei tanti terremoti, tanto per non farsi mancare proprio niente.

Intanto anche la grande industria pubblica era scoppiata. Lo Stato aveva venduto tutto quel che poteva. Il resto lo aveva regalato. Contemporaneamente il Sud era stato spogliato del suo patrimonio bancario ed anche della sua capacità direzionale (completando così la spoliazione avviata all’epoca dell’unificazione). Anche le sedi a Sud delle grandi utilities furono chiuse. Le banche acquisite. Le infrastrutture vennero concentrate definitivamente a Nord. Il sud fu, più o meno silenziosamente, abbandonato a se stesso. E cominciò  l’era dello svuotamento, come per le cave progressivamente liberate  della materia superficiale come la manodopera e poi di quella più profonda e preziosa come i cervelli, prima di essere abbandonate al loro festino di scempio e degrado. Lo spopolamento e la desertificazione con la  migrazione delle giovani generazioni era inevitabile oltre che  inarrestabile. Ormai.

E intanto il mondo è cambiato. La Cina  e l’oriente sono diventati protagonisti dello sviluppo nello scenario mondiale. Il canale di Suez ha  riportato al centro degli scambi mondiali il Meditetraneo. E il Sud si scuote dal torpore. Pensa sia arrivato il suo momento. Il 40% dei traffici mondiali passa dal Mediterraneo! Una manna con tutti quei porti! Augusta, Gioia Tauro, Taranto… Ma… alla fine si scopre che le ferrovie sono tutte al nord ed anche le autostrade, salvo qualcosa, che i porti vocati sono Trieste e Genova! Altro che Augusta, Taranto o Gioia Tauro, Napoli o Salerno, Cagliari o Bari. E intanto Tangerimed in Marocco si organizza. Lo fa anche  porto Said in Egitto. I cinesi si comprano il Pireo e gli Spagnoli fanno la loro parte. Risultato, il Sud resta con un palmo di naso! Vede passare lo sviluppo sotto le finestre di casa ed andare via da qualche altra parte! Manca l’alta velocità ed anche le autostrade e le ferrovie tout court! Ed anche i suoi  porti non se la passano bene!

Ma la colpa è del Sud…Superior stabat lupus, longeque et inferior agnus… Ma la colpa era del Sud sottosviluppato, infingardo, corrotto e malavitoso…La realtà è che lo Stato si comporta con il Sud, da sempre, come il lupo con  l’agnello. E purtroppo non sembra intenzionato a mutare rotta. La storia del PNRR lo dimostra ampiamente. Le teorizzazioni dei pochi drappelli di Don  Quijote scesi in campo a teorizzare la necessità ( non solo per il Sud ma per l’intera Nazione) della seconda locomotiva a Sud lasciano il tempo che trovano. Lo spopolamento continua ed anche il rischio desertificazione avanza. Tra qualche anno il Sud sarà buono solo per le pale eoliche ed i pannelli  solari.

E per il buon ritiro di qualche intellettuale o di qualche super ricco, manager, artista o politico in pensione,  oltre che per scampoli di vacanze a buon prezzo. I giovani se ne vanno e chi resta invecchia senza speranze. E allora? È arrivato il tempo di cambiare il Paradigma dello sviluppo. Rovesciarne obiettivi e presupposti. Dal paradigma nord atlantico e monopolare, arroccato intorno al fulcro centro-nord europeo ed americano al paradigma multipolare Est/Ovest che trasforma il Mediterraneo nel crocevia del mondo! In alternativa? Prepararsi  al declino totale. E sempre che non arrivi la soluzione finale… Ma questa è un’altra storia! Che speriamo non si debba raccontare.

Antonio Corvino