Ricordando la pagina di Arti Visive di “Politica Meridionalista”

Raccolgo con estremo piacere l’invito del mio primo caro Direttore, Nicola Squitieri, a ricordare i miei passi iniziali e seguenti con la rivista “Politica Meridionalista”, in occasione dei suoi 50 anni di pubblicazioni. Già da ragazzo avevo voglia di diventare cine-foto-reporter, in zona di guerra; sogno rimasto nel cassetto, come quello di laurearmi alla Sorbona in Psicologia. Ma oggi con le tecnologie avanzate posso davvero produrre video e foto e scrivere note e, quasi in real time, a pubblicare a brevissima distanza di tempo sulle riviste web a cui collaboro.

Un tempo si parlava di “cine” e non di “video” e oggi, avendo a disposizione uno smartphone si può rilanciare a livello glocal di tutto e di più; la comunicazione corre su questi avanzatissimi telefonini, ormai macchina fotografica, videocamera e carta su cui scrivere e inviare su whatsapp, ad esempio, è diventato un gioco da ragazzi. E pensare alla mitica “Olivetti 22” di Indro Montanelli e alla mia che mi ha accompagnato a Mantova, dove lavoravo per la stesura delle tesi “Animazioni Didattiche e Problematiche sui Beni Culturali” in Sociologia dell’Arte e della Letteratura con il mitico professor Alberto Abruzzese per laurearmi a Napoli in Sociologia.

E se non fu Parigi con la Psicologia, fu Napoli con la Sociologia a vedermi laureato e, poi, diciamo la verità: Napoli è un laboratorio sociale in soglia “unicum” e per me è l’unica città-mondo del Pianeta Terra. Singolarità ed eccellenze diventano giusti rilanci su un territorio contradditorio, anzichenò. Rammento che negli anni ’70, a Napoli, al Corso Umberto I, operavano in piena sintonia con la rivista Politica meridionalista, il Centro studi Nuovo Mezzogiorno e il Premio “Guido Dorso”, nonché “Radio Antenna Sud”, una tra le più importanti emittenti libere della Campania (1976-78).

E proprio in quest’emittente ha lavorato al mixer Santolo De Luca, che, successivamente, si è distinto come bravissimo operatore del campo visivo; una sua opera “La liquidazione / Liquidation”, 2002, stampa lenticolare su materiale plastico / print on plastic material, è installata nel piano intermedio della Stazione Salvator Rosa della nuova metropolitana napoletana; l’opera è realizzata con un sistema di immagini cangianti a seconda del punto di vista dell’osservatore e simula una superficie bagnata, ricoperta da una moltitudine di gocce che, al viaggiatore in movimento, sembrano scorrere veloci verso il basso.

Santolo De Luca, nato a Napoli nel 1960, è dagli anni ’90 uno dei protagonisti dell’arte italiana, e la sua pittura si è affermata come espressione critica della cultura dei media, attraverso un inconfondibile linguaggio estetico che gli consente di occupare una collocazione storica ben definita all’interno del vasto panorama artistico espresso negli ultimi venti/trenta anni. La mia collaborazione a Politica meridionalista con la rubrica Arti visive si è sviluppata da Napoli e da varie altre città, tra servizio di leva e lavoro al Nord Italia, tra Milano, Sirmione e Mantova, e ha riguardato la vita dell’arte contemporanea principalmente a Napoli, in Campania, e a seguire Sud e resto d’Italia.

Al di là di articoli su mostre museali o di grande respiro, sono stato sempre portato a “cribrare” e a indicare personali, collettive, rassegne, manifestazioni che potessero interessare per qualità o per effervescenza. Ho scritto sui docenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli sino ai giovani emergenti, che esponevano, ad esempio, alla Libreria-Galleria Dehoniana, allocata al Corso Umberto I; insomma, da Renato Barisani, grandissimo artista, presente alla GNAM di Roma e formidabile maieuta, a Renato Milo, che ora fa parte del Gruppo “MADI”. La pagina a disposizione mi permetteva il passo-flash, ovviamente stringato e sintetico, e ciò è stato significativamente istruttivo e corroborante; appunti e asterischi erano formulati per note brevi, quasi d’intaglio icastico,

E riuscire a comunicare per iscritto valori di immagini non è di semplice attuazione; la parola deve essere di caratura semantica e di espressione caratteriale per interpretare il profilo visivo che si vuole mettere in luce, evidenziare e sottolineare. Ho cercato, in senso periscopico, di guardare le mostre degli istituti museali, ma anche le esposizioni delle gallerie di tendenza, di quei centri alternativi, di quegli spazi culturali per poter definire, valutare, considerare nuovi profili, circostanziati ventagli e frontiere propositive. Dagli anni Settanta del secolo scorso agli anni Venti del nuovo millennio tanta acqua è passata sotto i ponti; dall’arte concettuale alla transavanguardia, dalla body-art al neo-surrealismo, dalla pittura colta al citazionismo, dal magico primario ai nuovi-nuovi, dall’azionismo viennese alle performances, dalla street-art al graffitismo americano ed europeo, dal neo-spazialismo al neo-figurativo, dalla virtual-art alla digital-art, dal madi al neo-futurismo… 

Politica, cultura ed etica sono complessivamente banchi di prova di tutte le tendenze e scrivere di arti visive significa riconoscere tessere coscienti o sclerotizzate conoscenze o spinte armonizzate, ed è giusto rifletterci per captare onde creative. Ma proprio da ciò che viene presentato si possono cogliere, su una linea aperta, le variegate identità del mondo ed eventuali nuove centralità di ricerche. In un possibile spettro analitico è possibile rilevare o meno dialoghi, raffronti e confronti sulla contemporaneità e la “voglia di esserci” da parte dell’artista rivitalizza la sua funzione di creativo, di stimolatore e di attivatore sociale e nei momenti di crisi la creatività segnala algoritmi motivazionali di passioni e le varie procedure artistiche seminano interessi traslati, quanto simbolici e metaforici.

Aver avuto la possibilità di scrivere già dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso mi ha permesso di essere continuamente informato sulle correnti delle arti visive contemporanee e di comprendere, in maniera assoluta, che gli artisti del Sud non hanno nulla da invidiare agli altri operatori. In conclusione, posso dire che la galleria, ad esempio, di Lucio Amelio ha sopperito per molto tempo alle deficienze organizzative degli istituti museali comunali, provinciali e statali di Napoli e della Campania, quanto lo Studio Trisorio, Lia Rumma ed altre, ma oggi Napoli con il PAN, il MADRE, lo stesso Museo e Real Bosco di Capodimonte, Castel Sant’Elmo, il MANN ed altre strutture motiva attenzioni massime sull’evoluzione visiva e regola flussi turistico-culturali. Questo Capoluogo e la Regione Campania detengono un accentuato e formidabile patrimonio di giacimenti memoriali.  

Maurizio Vitiello