Intervista al Presidente della Fondazione Sapienza

Il Professore Eugenio Gaudio, nato a Cosenza in Calabria, un uomo del Sud che con la sua immagine e la sua attività ha dato lustro al Mezzogiorno di Italia. Presidente della Fondazione Sapienza, Medico e Accademico italiano, Presidente Fondazione Roma Sapienza. Presidente IHEA – Fondazione Italian Higher Education with Africa, Presidente Osservatorio nazionale della Formazione sanitaria specialistica – MUR, Professore Ordinario Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico-legali e dell’apparato locomotore, già Rettore dell’Università “La Sapienza” di Roma dal 2014 al 2020, già Direttore del Dipartimento, poi Preside della Facoltà di Medicina.

Presidente Gaudio, dopo essere stato Rettore dell’Università la Sapienza, è Presidente della Fondazione Sapienza. Di cosa si occupa oggi?

Continuo a portare avanti il mio corso di Anatomia Umana, al quale ho sempre dedicato grande attenzione, anche quando sono stato Rettore dell’Università La Sapienza. Non ho mai lasciato l’insegnamento, né la ricerca. Oltre a questo, sono il Presidente della Fondazione Sapienza, per tutte le attività culturali, di sviluppo della ricerca, della conoscenza, ed anche per le borse di studio per garantire agli studenti meritevoli ed in condizioni disagiate di avere dei supporti, degli aiuti come la nostra Costituzione prevede. Sono Presidente dell’Osservatorio Nazionale del Ministero per le Scuole di Specializzazione, all’interno del quale ci occupiamo del funzionamento delle scuole di specializzazione sanitaria italiane, che sono importantissime per la formazione dei medici, poiché’ tutti noi cittadini vogliamo un buon cardiologo, gastroenterologo, chirurgo e così via. Sono temi impegnativi di cui mi sto’ occupando attualmente. Viviamo in un Paese che, alla formazione superiore ed alla ricerca, ha dedicato poche risorse. Spero che ci siano più investimenti in ricerca. Me lo auguro. Abbiamo i nostri migliori ricercatori italiani apprezzati in tutto il mondo, dalle scienze classiche, alla fisica, alla medicina, ecc., nonostante le condizioni svantaggiate in cui si lavora. Un esempio: tutto il sistema universitario italiano ad oggi costa allo Stato circa 8 miliardi, mentre una università americana come Harvard, da sola ha un bilancio di più di 40 miliardi. Questo esempio per far intendere in che condizioni ci troviamo a competere come Università italiana. E, ciò nonostante, si riesce a competere, è un miracolo, dovuto all’intelligenza ed alla cultura degli italiani. Abbiamo una cultura di quasi 3 millenni sulle spalle. A livello internazionale siamo riconosciuti, dall’Italia ci si aspetta questo contributo in termini culturali, e c’è un apprezzamento per questo da parte di tutti gli altri Paesi.

Presidente, ci parla dell’evoluzione accademica nel settore dell’Anatomia Umana della formazione, gli stage, i progetti, gli sviluppi alla Sapienza, Università di eccellenza. Ma soprattutto ci parla del Dipartimento di Anatomia Umana della Sapienza con i progetti di ricerca all’ordine del giorno?

L’Anatomia Umana, da Alcmeóne di Crotone, alla Riforma di Vesalio (che è considerato il primo vero innovatore della anatomia, conosciuto per la sua opera “De Humani corporis fabrica”), fino ai giorni d’oggi è stata la base dello studio scientifico del corpo umano: la conoscenza della sua struttura e di come è fatto. Quindi, la base per la comprensione come poi si altera durante i processi patologici, e come si può riportare dal processo patologico alla normalità. Quindi, l’Anatomia Umana da sempre è stata considerata la base della formazione del medico su base scientifica. In passato l’Anatomia era soprattutto macroscopica, quindi lo studio degli organi e delle grandi strutture visibili ad occhio nudo, che è tutt’ora fondamentale per la formazione dei medici e dei chirurghi. Il medico chirurgo può operare solo se conosce bene l’anatomia del della regione corporea in cui opera, nel conoscere bene la vascolarizzazione, in modo da potere intervenire in maniera mirata, scientifica, senza creare danni, ma solo benefici al paziente. Negli ultimi secoli, l’avanzamento è stato prodotto da un punto di vista prima microscopico, con l’introduzione dei microscopi ottici, che hanno permesso di vedere l’invisibile, ed è stata una rivoluzione nel XVII secolo paragonabile a quella informatica al giorno d’oggi. Poter vedere l’invisibile tramite un sistema di lenti, attraverso il microscopio che ha consentito di scoprire tutta la struttura delle cellule e dei tessuti che formano il nostro organismo. Per i microscopi elettronici, che hanno permesso di conoscere tutte le strutture subcellulari, quindi comprendere ancora più a fondo le patologie cellulari che colpiscono il nostro organismo. Ad oggi, la genetica e la biologia molecolare. Tutte queste innovazioni hanno portato dalla Anatomia macroscopica, all’Anatomia molecolare e genetica. Nel nostro Dipartimento ci sono due filoni molto importanti che vanno avanti da decenni. Sono uno sullo studio del fegato, delle strutture e delle alterazioni del fegato in condizioni normali e patologiche. In particolare, negli ultimi anni, sono due gli argomenti più importanti che stiamo portando avanti, su cui abbiamo anche dei brevetti; cellule staminali epatiche e delle vie biliari, anche come mezzo di cura delle gravi patologie del fegato, le cirrosi, i pazienti terminali che sono in attesa del trapianto. Il secondo argomento, per cui si è costituita una rete Europea, riguarda lo studio del Colangiocarcinoma, uno dei tumori del fegato difficilmente curabili. Il progetto di ricerca tratta della caratterizzazione genetica molecolare dei diversi tipi di Colangiocarcinoma, in modo da riuscire a trovare una terapia. Questo tipo di tumore ad oggi non ha una cura efficace. Stiamo cercando di capire attraverso la ricerca, quali sono le mutazioni genetiche, molecolari, per poter trovare i farmaci specifici, nell’ottica di quella che è la medicina di precisione, e la medicina personalizzata. Questi sono i punti di ricerca sul filone del fegato, poi c’è un altro filone che è seguito da noi alla Sapienza da tanti anni, che è quello relativo all’apparato genitale e riproduttivo in particolare femminile, l’ovaio, la fertilizzazione in vitro, la conservazione degli ovociti, che ha dato un grosso contributo alla possibilità di realizzare una fertilizzazione in vitro, e quindi la possibilità di curare.

 

Presidente, ad oggi in Italia abbiamo anche una grossa problematica, che è quella della denatalità, che cosa ne pensa?

Come Presidente della Fondazione Sapienza, proprio l’anno scorso ho tenuto un importante convegno sul tema della denatalità, dove hanno partecipato il Ministro della famiglia, l’Onorevole Bonetti, il Presidente dell’ISTAT, il Presidente dei Pediatri italiani, il Presidente dell’INPS, il Professore Ricciardi che era il consulente del Ministro della salute. Poiché’ la denatalità ha riflessi enormi da un punto di vista sociale e politico, sul sistema sanitario, sul sistema pensionistico e su tutto lo sviluppo del Paese. In passato avevamo famiglie con 3-4 figli, 2 genitori, 1 nonno se c’era, quindi una piramide alla cui base stavano i giovani, e al vertice gli anziani. Ad oggi, questa piramide si è invertita, quindi abbiamo 1 figlio, due genitori, e spesso per fortuna 4 nonni, a volte anche qualche bisnonno, quindi chi nasce si trova sulle spalle questa piramide rovesciata anziana a cui poi deve in qualche modo pensare, sia da un punto di vista logistico, sia pensionistico. Un problema enorme che va affrontato seriamente e che non ha soluzioni rapide, poiché’ questi problemi da quando si affrontano a quando si risolvono richiedono circa 20-30 anni. Problemi che al convegno abbiamo voluto approfondire con i responsabili delle istituzioni, del sistema sanitario: è chiaro che più si va avanti, più ci sono anziani, più il sistema sanitario viene sovracaricato, così da non potersi trovare più in equilibrio economico. C’è bisogno di una presa di coscienza da parte della popolazione, un input politico per favorire le famiglie e le nascite. Poiché’ al di là di quello che si dice, ad oggi abbiamo la necessità di immigrazione, poiché’ il rapporto fra nascite e morti è oggi sbilanciato purtroppo a favore dei decessi, quindi la popolazione diminuisce. Se non abbiamo un ingresso da parte di immigrati che coprono questi vuoti, rischiamo che il sistema vada in default.

 

Presidente Gaudio, è stato fino a qualche anno fa il Magnifico Rettore dell’Università più grande in Italia, sotto ogni settore, medico, giuridico, infermieristico, fisico, anatomico, classico. Ci illustra due settori importanti della Sapienza?

La Sapienza, è una Università stimata ed apprezzata a livello internazionale, sotto vari profili: culturale, medico, scientifico, fisico, classico, e di ricerca. Tradizione ed innovazione sono la sintesi della sua missione. Ho avuto il grande onore di rappresentare come Rettore questa Università per 6 anni ed il piacere di conoscere l’Ateneo nella sua ricchezza. È la più grande Università Europea da un punto di vista quantitativo, con i suoi 115 mila studenti. È una delle più antiche, essendo stata fondata nel 1303 da Papa Bonifacio VIII, ma soprattutto è all’avanguardia. Devo citare due settori: il primo riguarda gli studi classici. Sugli studi classici, la Sapienza nei ranking internazionali è risultata negli ultimi anni la prima al mondo, come è giusto che sia, poiché’ Roma è una capitale che ha circa 2700 anni di storia, e noi siamo depositari e responsabili di conservare questa grande esperienza culturale che viene dalla classicità greca, che ha informato poi tutta la cultura latina, che continua da 2000 anni, perché Roma è la sede del Papato, quindi il punto di riferimento del Cristianesimo a livello mondiale. L’altro settore è quello della fisica, eccellenza testimoniata anche dal recente Premio Nobel a Giorgio Parisi, con studi realizzati interamente nel nostro Ateneo, e che fa seguito ad una scuola importante che da Guglielmo Marconi ad Enrico Fermi, ad Emilio Segré, ha trovato tanti Premi Nobel proprio nella Sapienza, rinomata e stimata in tutto il mondo. Quindi, studi classici da una parte, e fisica dall’atra. Tradizione ed innovazione sono la sintesi della missione dell’Università.

 

Tornando ai progetti di ricerca?

È un importante il progetto di ricerca che portiamo avanti a livello internazionale, in collaborazione con l’Università degli Stati Uniti, l’Università di Indianapolis, del North Carolina, e tutte le Università Europee, poiché’ oggi la ricerca è sempre più internazionalizzata. Più si mettono insieme le competenze, e diciamo che sul campo Anatomico e Morfologico gli italiani hanno competenze che nei Paesi Anglosassoni si sono un po’ perse a causa della iperspecializzazione, soprattutto in campo biologico-molecolare, la visione di insieme dell’organismo rischia di perdersi, e solo se abbiamo la visione di insieme possiamo comprendere veramente i fenomeni fino in fondo. È una visione olistica. Sia per la funzione dell’organismo, sia per il paziente, sa che quando non si sente bene, rischia di vagare da uno specialista all’altro, e poi non c’è nessuno che fa la sintesi, prende in carico le problematiche. Quindi, c’è bisogno di una visione complessiva. È importante la parte analitica-specialistica però poi bisogna ricomporre il quadro generale.

 

Nel nostro Paese c’è una sanità d’eccellenza, ce lo conferma?

Una sanità d’eccellenza che dobbiamo mantenere, cosa non facile per l’aumento dei costi e l’invecchiamenti della popolazione. Poi c’è la diminuzione della vocazione per alcune specialità da parte dei medici: per esempio, nessuno vuole andare più in pronto soccorso, pochi vogliono fare i chirurghi. Perché’ mentre prima il medico era quello che ti salvava la vita, cui si era grati per sempre, oggi se qualcosa va male si viene denunciati, a volte si viene aggrediti addirittura. Bisogna invogliare i giovani e anche tutelarli, retribuirli adeguatamente, perché’ ad oggi i medici italiani sono i peggio retribuiti nel mondo occidentale, per non parlare degli infermieri che sono di gran lunga quelli meno remunerati. Oggi, il sistema sanitario si regge sostanzialmente sul sotto pagamento dei suoi protagonisti. È un qualcosa da cui dobbiamo uscire, poiché’ il sistema sanitario insieme all’istruzione sono i due pilastri del welfare sostenibile. Se noi garantiamo ad una persona la tutela della salute e le diamo la possibilità di studiare, poi sarà in grado di camminare con le sue gambe nella sfida della vita. Se invece, come accade in alcuni Paesi, la sanità non è alla portata di tutti, molte famiglie, per esempio negli Stati Uniti d’America, si trovano in gravi situazioni finanziarie da non potersi curare, oppure da indebitarsi addirittura per 2-3 generazioni se capitano problematiche importanti da un punto di vista della salute. In Italia abbiamo fatto un grande passo avanti, e dobbiamo mantenerlo e potenziarlo.

Presidente, lo scenario della sanità negli Stati Uniti D’America è veramente spaventoso, è vero che se un cittadino americano non ha un’assicurazione non viene curato?

Un cittadino americano, per potersi curare, prima entra nella parte amministrativa e dopo lo portano in corsia. Una cosa veramente contro la nostra cultura più profonda. Da questo punto di vita siamo veramente fortunati ad essere italiani e vivere in Italia. I nostri cittadini dovrebbero comprenderlo più a fondo.

Presidente sul tema dell’innovazione tecnologica, la digitalizzazione nell’ambito medico-sanitario, un suo pensiero in merito?

Un processo ormai avviato e che la pandemia ha accelerato. Tutte le medaglie hanno il loro rovescio, il disastro della pandemia ha avuto, diciamo, come lato positivo l’accelerazione della digitalizzazione nel Paese, a partire dalle attività didattiche che si sono svolte on line in tutto il periodo del lockdown. È stato difficile, ma allo stesso tempo molto positivo, poiché’ i nostri studenti alla Sapienza non hanno perso un esame, quindi siamo riusciti a garantire il diritto allo studio ed anche la progressione nelle varie carriere a tutti i nostri studenti. Il sistema italiano ed il Ministero hanno risposto bene. Il processo di digitalizzazione in medicina, la ricetta medica elettronica inviata al paziente senza dover fare la fila, l’aumento della telemedicina con lo scambio di risultati di analisi, elettrocardiogrammi, etc., la digitalizzazione in radiologia, che ad oggi porterà non solo ad una visione tridimensionale del corpo e delle caratteristiche degli organi del malato o della persona sana, ma anche la possibilità di diagnosi automatiche, di confronti automatici a distanza di tempo fra una risonanza magnetica fatta 2 anni prima e quella fatta 2 anni dopo, in modo da poter vedere le variazioni. Quindi, si è aperto un mondo che porterà ad una semplificazione in tutte le procedure mediche. La chirurgia robotica, che è efficiente per alcuni interventi come quelli per la prostata, con risultati migliori per i pazienti. Un mondo che può migliorare molto, ed anche semplificare all’interno della burocrazia del sistema sanitario. Ricevere a casa il risultato delle analisi, poterle inviare al medico senza dover andare a fare la fila nello studio, ricevere la ricetta a casa, ecc, sono esempi che rendono l’idea di come potrebbe migliorare il sistema, sia a livello di tempo, ma soprattutto di risparmio di energie. È importante, ed è uno degli impegni per la modernizzazione del sistema sanitario, ma soprattutto arrivare a casa del paziente, non ospedalizzare tutto, lasciare all’Ospedale solo i casi che meritano una organizzazione strutturale e logistica per cui bisogna ricoverarsi. Ad oggi sappiamo che gli accessi al pronto soccorso per esempio, oltre l’80% sono i cosiddetti “codici bianchi” che non ne avrebbero necessità.

Presidente Gaudio, lei è un professionista che guarda oltre, è avanti nel tempo, portando in campo idee corrette ed innovative?

Le idee provengono dall’esperienza di tutti questi anni passati nell’Università la Sapienza, con l’Ospedale Policlinico Umberto I. Adesso in Sapienza c’è anche l’Ospedale Sant’Andrea, di alta specializzazione, polo universitario dedito alla formazione delle giovani leve di medici e chirurghi, della nostra classe medica futura. E poi il Polo Pontino, con l’ASL di Latina, l’Ospedale Santa Maria Goretti, in cui gli studenti studiano, realizzano tutta la parte pratica e quella della formazione professionalizzante (si intende la frequenza di seminari, e-learning, formazione on-the-job, che permette all’apprendista di acquisire le competenze e le abilità direttamente necessarie per l’esercizio della sua professione concreta).

 

Professore, lo studente in medicina della Università La Sapienza, partecipa obbligatoriamente agli stage negli Ospedali?

Gli stage sono obbligatori. Uno studente non può uscire laureato in medicina se non ha effettuato uno stage presso le Aziende Ospedaliere con un minimo di 1 anno di lavoro, che corrispondono a 60 crediti formativi accademici, con la certificazione delle competenze acquisite. Questo si chiama attività pratica professionalizzante, da passare all’interno degli Ospedali, oppure delle strutture sanitarie come le ASL, o gli studi medici. Lo studio della medicina è uno studio molto complesso, poiché’ parte dalle scienze esatte, quindi si studiano materie come fisica, chimica, biochimica, statistica, ecc, per avere le basi quantitative e scientifiche. Poi ci sono due esami fondamentali, che sono anatomia e fisiologia, importantissimi per la conoscenza di come è fatto il corpo umano, l’anatomia, e come funziona, la fisiologia. Poiché’ il primo obiettivo non è di curare, ma di farlo funzionare bene, e di evitare le malattie attraverso la prevenzione. Poi c’è la parte delle patologie, che tratta i diversi tipi di malattie, da quelle acute a quelle croniche, divise nelle varie specialità mediche come Gastroenterologia, Cardiologia, Endocrinologia, ecc. Poi c’è la sintesi, che si chiama oggi, Medicina Interna e Chirurgia Generale, in cui si vede il paziente nel suo complesso, poiché’ il paziente spesso ha non una patologia ma diverse insieme e va visto nella sua completezza. Questo è lo schema del percorso di studi in medicina. Si parte dalla fisica e si arriva alla clinica. Il medico generale deve conoscere tutto. Chi va dal proprio medico di famiglia, che ha un ruolo importante, deve trovare un professionista che è in grado di inquadrare e risolvere i problemi e di far accedere ai gradini successivi specialistici, ambulatoriali o ospedalieri quelli che meritano questi approfondimenti, poiché’ se mandiamo tutti verso l’Ospedale vuol dire intasare il sistema, fare spendere un sacco di soldi inutili, e minare alle basi il corretto funzionamento del sistema.

Professore, nel settore dell’Arma Azzurra, l’Università La Sapienza ha una sinergia importante, con convenzioni con il Circolo Casa dell’Aviatore, e la sinergia proficua con il Ministero della Difesa. Ce ne parla?

Con il Ministero della Difesa nelle sue varie articolazioni: ad un esempio con l’esercito abbiamo firmato una convenzione importante con l’Ospedale Militare del Celio di Roma, lavorando in sinergia con la sanità militare; con l’Aeronautica Militare, con cui ci sono stati sempre e costantemente realizzati progetti di ricerca in sinergia. Abbiamo la nostra Scuola di Ingegneria Aerospaziale: negli anni ’60, quando c’era la corsa allo Spazio, dopo due giganti come gli Stati Uniti e la Russia, l’Italia era il terzo Paese più importante, con una base importante al Centro Spaziale di Malindi in Kenya, diretta all’epoca dal Generale Broglio che è stato uno dei nostri Professori. Abbiamo una grande tradizione, c’è un rapporto di ricerca e di studi in sinergia con l’Aeronautica Militare e l’Agenzia Spaziale italiana. Con l’Aeronautica Militare abbiamo anche un rapporto di tipo “conviviale”: l’Università La Sapienza si trova proprio di fronte allo Stato Maggiore dell’Aeronautica, con una convenzione con la Casa dell’Aviatore, per cui molte delle nostre manifestazioni vengono realizzate all’interno delle loro strutture. Quindi, rapporti istituzionali, ma anche rapporti di collaborazione che vanno avanti da anni e con soddisfazione, poiché’ abbiamo sempre trovato una grande disponibilità ed una grande accoglienza.

Durante la pandemia, ricordiamo la Sapienza in sinergia con la sanità militare, in un’operazione straordinaria?

Quando ero Rettore alla Sapienza, firmai con il Generale Figliuolo, dopo aver lavorato tanto in sinergia con il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Gen. Errico, questa intesa tra Università La Sapienza e Ospedale Militare il Celio, per la collaborazione nella sanità militare.

Valentina Busiello