Una rilettura sociale e meridionale di Massimo Troisi. Troisi meridionalista! No. Ma figlio e interprete dei problemi del Sud sì!

Il 19 febbraio 1953 nasceva a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, Massimo Troisi che sarebbe diventato il famoso artista che tutti conosciamo. Il 20 febbraio 2023, a 29 anni dalla sua morte avvenuta nel lontano 1994, a Napoli il Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Matteo Lorito, ha conferito la Laurea magistrale honoris causa in ‘Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e Teoria’ alla memoria a Massimo Troisi. A ricevere la pergamena la sorella Rosaria Troisi, visibilmente emozionata per il lungo applauso e per l’affetto e la vicinanza dei tanti amici e colleghi dell’artista.

Vorrei tuttavia con alcune brevi riflessioni tentare una rilettura di Massimo. Sono un suo conterraneo di Massimo, di qualche anno più grande, cittadino di una S. Giorgio a Cremano dove albergava una comicità creativa già espressa dai fratelli Imperatrice, Alighiero Noschese ecc…. Il mio pensiero però non va solo alla sua espressione artistica ma a quella ironia sociale drammatica che si esprimeva nel movimento degli occhi e dello sguardo o in una manualità mimica di una sintesi verbale, dove faceva emergere temi seri della sua terra, il Sud,  ma anche del Paese come i temi sul lavoro, disoccupazione e irregolarità,  la scuola, la moralità della politica, lo spreco delle risorse, celebre il suo sketch su quale fine avessero fatte i fondi per il terremoto, come pure le sue battute sulla segregazione razziale del Sud nella visione del Paese, con la famosa battuta sull’emigrante. Una denuncia anche su tanti Soloni, che pieni di arroganza dottrinaria e saperi, sapevano tutto sul Sud proponendo soluzioni fantasiose e paradossali dello sviluppo come quello del Vesuvio da cui si poteva estrarre il purè di patate, ignorando le esigenze e i bisogni del territorio.

Esigenze e bisogni di 20 milioni di persone. Sarebbe stato bello sentirlo riflettere, con gli occhi puntati in alto, sull’autonomia differenziata, ci sarebbe stato altro che ridere, ne sentiamo la mancanza. Sicuramente ha saputo parlare a tante giovani generazioni, da meridionale è riuscito a farsi accettare da tutti per arte e non per pensiero, ma non vorrei che fosse ricordato solo per la sua arte ma anche per le sue latenti e palesi denunce sociali fatte con un sorriso, ma amaro e con il candore di un bambino che vuole delle risposte. Risposte che a tutto oggi mancano, preferendo ridere piuttosto che piangere delle sue battute.

Francesco Saverio Coppola
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