Intervista a Rosa Baffa, Dirigente Scolastico: educare con visione e responsabilità

Nel contesto del Mezzogiorno d’Italia, la scuola affronta sfide specifiche e spesso più impegnative rispetto al resto del Paese. Questioni come la dispersione scolastica, le difficoltà economiche e sociali, la necessità di inclusione e l’importanza di valorizzare le identità culturali locali sono al centro del dibattito educativo meridionale. La scuola, infatti, non è solo un luogo di istruzione, ma un motore fondamentale per la crescita sociale, culturale ed economica del territorio. Collaborazioni con enti locali, associazioni e imprese rappresentano opportunità preziose per rafforzare l’offerta formativa e contrastare fenomeni come la fuga di cervelli, che depaupera il Sud di talenti e competenze. In un contesto scolastico sempre più articolato e in continua evoluzione, il ruolo del dirigente scolastico assume un’importanza cruciale, non solo nella gestione amministrativa, ma soprattutto nella costruzione di un ambiente educativo capace di accogliere, innovare e formare. Abbiamo incontrato Rosa Baffa, Dirigente Scolastico, con una lunga esperienza nel mondo della scuola, attualmente Preside dell’Istituto Vittorio Emanuele II di Napoli, per approfondire alcune delle principali sfide e strategie per promuovere una scuola inclusiva, innovativa e radicata nel territorio. Politica meridionalista con questa intervista, avvia una serie di riflessioni sul mondo della scuola, come fatto già in passato, per raccogliere riflessioni e proposte da parte di chi ogni giorno vive e gestisce una realtà complessa.

L’Istituto Superiore Vittorio Emanuele II, situato in Via Barbagallo, a Napoli, rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la comunità, accogliendo ogni anno un gran numero di studenti con diverse esigenze e potenzialità, offrendo loro un ambiente sicuro e stimolante dove poter crescere e sviluppare le proprie capacità e competenze. Sotto la guida attenta e dedicata della Preside, Rosa Baffa, l’Istituto si distingue per la capacità di trasformare le sfide in opportunità di crescita e si impegna a valorizzare ogni allievo, promuovendo inclusione, impegno e successo formativo. Grazie a un ambiente educativo accogliente e stimolante, la scuola offre a tutti gli studenti gli strumenti necessari per costruire un futuro migliore e diventare cittadini consapevoli e protagonisti attivi del cambiamento.

La dispersione scolastica e l’inclusione sono due sfide cruciali per la scuola nel Mezzogiorno. Quali strategie ritiene più efficaci per contrastare l’abbandono scolastico e garantire pari opportunità agli studenti provenienti da contesti svantaggiati?

Per contrastare l’abbandono scolastico e garantire pari opportunità agli studenti provenienti da contesti svantaggiati, servono strategie mirate, sistemiche e coerenti. Ecco quelle che ritengo più efficaci, in ordine di impatto: innanzitutto interventi precoci e personalizzati, che consistono prevalentemente in un monitoraggio tempestivo del disagio scolastico e dei segnali di abbandono, come assenze frequenti, calo del rendimento e isolamento. Ritengo, inoltre, fondamentale un tutoraggio individuale e piani educativi personalizzati per chi mostra difficoltà, coinvolgendo educatori e psicologi scolastici, non solo insegnanti. Non basta aspettare che lo studente “recuperi da solo”, serve andargli incontro. In secondo luogo, la didattica deve essere inclusiva e coinvolgente, adottando metodi attivi, quali cooperative learning, flipped classroom e laboratori; il curricolo deve essere flessibile e valorizzare le competenze pratiche e trasversali, riconoscendo i diversi stili cognitivi, perché non tutti apprendono allo stesso modo. Se la scuola è solo “una noia”, molti la mollano. La lezione deve risuonare con la vita reale degli studenti. Indispensabile un’alleanza scuola-famiglia-territorio: è importante coinvolgere le famiglie, anche se “difficili”, con incontri accessibili e non giudicanti; creare reti tra scuole, servizi sociali, centri giovanili e associazioni; promuovere doposcuola, centri di aggregazione e sport gratuiti come “rete di protezione”. Quando l’ambiente di vita è fragile, la scuola deve diventare una seconda casa. Il sostegno economico concreto è un altro punto chiave: programmi come “Scuola Viva” o “Scuole Aperte” anche nel pomeriggio e investimenti in personale di supporto, come educatori e mediatori culturali, sono essenziali. Nessuno studente dovrebbe rinunciare a studiare perché non può permetterselo. Infine, ritengo fondamentale dare voce agli studenti: è necessario creare spazi di ascolto veri, come assemblee, sportelli o consigli consultivi; riconoscere il vissuto e la cultura degli studenti, specie se migranti o “ai margini”; favorire una scuola partecipata, non imposta dall’alto. Coinvolgere significa responsabilizzare, non solo “fare compagnia”. In sintesi, la scuola non può tutto da sola, ma può essere il punto di partenza se agisce con intelligenza e umanità.

Il rapporto scuola-famiglia è essenziale per il successo educativo. Quali strategie possono essere adottate per migliorare questa sinergia e garantire un supporto più efficace agli studenti?

Quando scuola e famiglia remano nella stessa direzione, lo studente si sente sostenuto, motivato e più sicuro. Per rafforzare questa sinergia è utile adottare strategie efficaci e concrete. È fondamentale instaurare una comunicazione chiara, costante e bidirezionale, avvalendosi di canali semplici e accessibili come il registro elettronico, le mail, app dedicate o riunioni online. Non bisogna comunicare solo in caso di problemi, ma anche condividere progressi e punti di forza, ascoltando davvero le famiglie e non limitandosi a informarle. Gli incontri devono essere regolari e significativi, andando oltre i classici colloqui formali; ad esempio, si possono organizzare incontri tematici sul metodo di studio o sull’uso consapevole del digitale, favorendo la partecipazione attiva dei genitori in momenti scolastici come laboratori, progetti o open day. Alleanza educativa, non contrapposizione: scuola e famiglia devono essere alleate, unite da un obiettivo comune: il benessere dello studente. È importante evitare un linguaggio tecnico o giudicante e, qualora emergano divergenze, affrontarle con rispetto e trasparenza, puntando sempre alla collaborazione. La formazione per genitori e docenti rappresenta un altro aspetto cruciale: proporre momenti formativi per i genitori su temi educativi, psicologici e relazionali, così come formare i docenti sulla gestione del rapporto con le famiglie e sulla comunicazione efficace, può fare davvero la differenza. Parallelamente, il rapporto con ogni famiglia deve essere personalizzato, tenendo conto dello stile, delle difficoltà e del modo di interagire. Mostrare empatia, soprattutto verso famiglie fragili o con vissuti scolastici negativi, è indispensabile. Coinvolgere i genitori nei processi decisionali, quando possibile, è un ulteriore passo importante: consultarli su scelte scolastiche come progetti o attività extracurricolari, dando valore al loro punto di vista senza però delegare a loro la responsabilità educativa della scuola. Infine, bisogna ricordare che lo studente è sempre al centro e che il focus deve essere sul suo benessere. Quando scuola e famiglia collaborano con questo obiettivo comune, le differenze si ricompongono più facilmente e si garantisce un supporto più efficace agli studenti.

Le nuove tecnologie stanno trasformando la didattica e la formazione. Quale ruolo possono giocare nell’innovazione scolastica e come possono essere integrate per rispondere meglio alle esigenze degli studenti e del mondo del lavoro?

Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando la didattica, non solo per come si trasmette il sapere, ma soprattutto per come si apprende. Il loro potenziale è enorme, ma la vera sfida è l’integrazione consapevole e mirata. Ad esempio, le tecnologie permettono di personalizzare i percorsi educativi, adattandoli ai ritmi, agli stili cognitivi e agli interessi degli studenti. Piattaforme di apprendimento adattivo, intelligenza artificiale e analisi dei dati consentono ai docenti di monitorare in tempo reale i progressi e di intervenire in modo mirato, con il vantaggio di studenti più motivati e una riduzione della dispersione scolastica. Inoltre, oggi non basta più “sapere le cose”: serve saperle applicare, risolvere problemi, collaborare, usare il pensiero critico e sapersi muovere in ambienti digitali complessi. Le tecnologie facilitano attività pratiche, simulazioni, project work, coding e robotica educativa, rispondendo concretamente alle esigenze del mondo del lavoro, che richiede flessibilità mentale e competenze digitali solide. Le tecnologie favoriscono anche una didattica inclusiva e accessibile: strumenti come sintesi vocale, video con sottotitoli, ambienti virtuali interattivi e mappe concettuali digitali permettono a studenti con DSA o BES di accedere ai contenuti in modo più efficace. La tecnologia non livella le differenze, ma può contribuire a colmare i loro effetti negativi. Inoltre, le tecnologie aprono la scuola al mondo reale. Realtà aumentata, realtà virtuale e ambienti online permettono di “uscire dall’aula”, vivere esperienze simulate, visitare musei, laboratori, aziende e paesi lontani, rendendo l’apprendimento un’esperienza concreta e motivante. Infine, la collaborazione e l’apprendimento attivo trovano un forte impulso nelle piattaforme digitali come Google Workspace, Microsoft Teams o Moodle, che facilitano il lavoro di gruppo, la condivisione di idee e la costruzione collettiva del sapere. Questo contribuisce a sviluppare responsabilità e spirito critico, trasformando la scuola da semplice luogo di ricezione in uno spazio di partecipazione. Per integrare bene queste tecnologie, non in modo casuale, è fondamentale una formazione reale dei docenti, che vada oltre i corsi teorici, puntando su laboratori pratici. Occorrono scelte pedagogiche chiare, perché la tecnologia deve essere un mezzo e non un fine. È necessario investire nelle infrastrutture: senza connessione o dispositivi adeguati, tutto resta solo sulla carta. Inoltre, è importante coinvolgere gli studenti, ascoltarli e integrarli nella progettazione delle attività. Infine, il collegamento con il territorio e le aziende, attraverso stage, testimonianze e co-progettazione di percorsi, rappresenta un valore aggiunto. In sintesi, le tecnologie possono innovare la scuola solo se guidate da una visione educativa forte e umana. Se usate bene, non rendono la scuola semplicemente “più moderna”, ma più giusta, più vicina ai giovani e più utile per il loro futuro.

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