La Nuova Agenda per il Mediterraneo: Prospettive e Sfide
Sono trascorsi quasi trent’anni dall’adozione della Dichiarazione di Barcellona nel 1995. Tuttavia, nonostante le ambiziose proposte avanzate, i progressi significativi restano difficili da raggiungere. Nel tentativo di colmare il divario tra l’Unione Europea e i suoi Paesi vicini del Sud, la Commissione Europea ha recentemente proposto una “Nuova Agenda per il Mediterraneo” (Commissione UE, 2021). Questa agenda include diverse iniziative strategiche, tra cui il “Piano Economico e di Investimento (EIP) per i Paesi del Vicinato Meridionale”, che definisce investimenti e progetti prioritari che potrebbero beneficiare dei finanziamenti previsti dallo Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale (NDICI). Tuttavia, il successo di questa agenda dipende da una serie di fattori, tra cui le condizioni economiche, la stabilità politica dei singoli Paesi e le più ampie dinamiche geopolitiche internazionali.
Mediterranean Economies 2024: The New Agenda for the Mediterranean – Perspectives and Challenges analizza l’evoluzione dei Paesi del Mediterraneo meridionale negli ultimi trent’anni, con particolare attenzione alle dimensioni economiche, sociali e politiche. L’obiettivo è valutare la capacità di resilienza di queste economie di fronte a vari shock economici e politici, esaminando così l’efficacia potenziale delle strategie delineate nella Nuova Agenda.
Concentrandosi sia sulla sponda settentrionale che su quella meridionale del Mediterraneo, questo volume mette in evidenza le sfide comuni e il potenziale di azione collaborativa per affrontarle. Mentre la regione si trova in un delicato equilibrio tra rivalità consolidate e nuove partnership emergenti, il testo fornisce un quadro approfondito per comprendere in che modo il Mediterraneo possa influenzare ed essere influenzato dall’economia globale nei prossimi anni.
Al centro di un panorama geopolitico ed economico in rapida evoluzione, il Mediterraneo affronta una serie di sfide formidabili, che spaziano dai mutamenti nei rapporti di potere globali all’instabilità politica interna, fino alle turbolenze economiche. Tuttavia, accanto a queste difficoltà emergono anche opportunità significative, in particolare nei settori dell’energia verde, della connettività digitale, dello sviluppo infrastrutturale e della cooperazione regionale. L’obiettivo principale della Nuova Agenda è sostenere i partner regionali nei loro sforzi di ripresa, rafforzare la competitività e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva.
Questa edizione si avvale del contributo di autorevoli studiosi per fornire un’analisi approfondita delle tendenze economiche, politiche e sociali che stanno plasmando il Mediterraneo nel 2024. Il volume esplora le intersezioni tra conflitti regionali, competizione globale ed economie locali, offrendo nuove prospettive sui fattori che influenzeranno il futuro della regione. Affrontando temi cruciali come la crisi climatica, le migrazioni, il commercio e le tensioni geopolitiche, il libro propone una visione d’insieme della realtà mediterranea contemporanea, delineando al contempo strategie orientate al futuro per promuovere stabilità e sviluppo.
L’opera adotta un approccio interdisciplinare, articolato in cinque dimensioni chiave:
1. Il contesto geopolitico
2. Le trasformazioni economiche
3. La questione migratoria
4. La transizione verde
5. Lo sviluppo umano e sociale
I contenuti di ciascuna sezione sono sintetizzati nelle pagine seguenti.
1. Pace e Sicurezza: Analisi delle sfide alla sicurezza e soluzioni ai conflitti regionali
Le dinamiche geopolitiche della regione mediterranea, analizzate da Francesca Caruso e Andrea Dessì nel Capitolo 1, delineano un panorama complesso e instabile. Nel 2024, la regione si trovava ad affrontare crisi interconnesse e strutture di potere in evoluzione, con conflitti di lunga data—tra cui, in primis, il conflitto israelo-palestinese—che hanno assunto una crescente volatilità dopo l’inaspettato attacco di Hamas a Israele nell’ottobre 2023. La conseguente rappresaglia militare israeliana su Gaza ha accentuato le profonde fratture geopolitiche in tutto il Medio Oriente e Nord Africa (MENA), aggravando le tensioni e rendendo ancora più complessi gli sforzi per garantire la stabilità regionale.
Sebbene entro la metà del 2024 non si fosse concretizzata la temuta guerra regionale su vasta scala, il conflitto israelo-palestinese continuava a rappresentare un epicentro di instabilità. Questo scenario ha evidenziato il declino dell’influenza delle tradizionali potenze occidentali, come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, mentre gli attori regionali hanno acquisito maggiore autonomia e capacità decisionale. In questo contesto, Russia e Cina hanno sfruttato il mutamento degli equilibri per espandere la propria influenza, contribuendo alla formazione di un ordine regionale sempre più multipolare. Il capitolo sottolinea, dunque, la necessità di approcci innovativi alla diplomazia e alla risoluzione dei conflitti, in considerazione del progressivo indebolimento della credibilità di Stati Uniti ed Europa nella regione (Barber, 2024; Samaan, 2024).
Uno dei temi centrali del capitolo è la crescente competizione tra le potenze globali per il controllo della regione, in particolare tra i Paesi del G7 e il blocco dei BRICS. Gli sforzi degli Stati Uniti per promuovere la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele sono analizzati nel quadro di una strategia più ampia volta a contrastare l’espansione dell’influenza cinese in Medio Oriente. Il capitolo esamina inoltre le principali iniziative infrastrutturali e di connettività, tra cui il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), sostenuto dagli USA, e la Belt and Road Initiative (BRI) promossa dalla Cina, entrambe finalizzate a consolidare il controllo sulle rotte commerciali e rafforzare la presenza economica nella regione (Al Jazeera, 2023; Marino, 2023).
Un’attenzione particolare è dedicata al Nord Africa, dove instabilità politica e difficoltà economiche continuano a rappresentare fattori critici per la stabilità regionale. Il capitolo analizza in dettaglio:
· Il progressivo declino democratico in Tunisia;
· Le tensioni tra Marocco e Algeria legate alla disputa sul Sahara Occidentale;
· Le crescenti difficoltà economiche dell’Egitto.
Viene inoltre approfondita la crisi umanitaria in Sudan, esacerbata dai conflitti militari interni e dal crescente coinvolgimento di Paesi del Nord Africa e monarchie del Golfo, dimostrando l’interconnessione tra le diverse problematiche regionali (Gasseli e Hamidi, 2024; Elmogbri, 2024).
Il capitolo si conclude con una valutazione critica delle carenze della politica estera occidentale, in particolare per quanto riguarda la gestione del conflitto israelo-palestinese e la strategia di contenimento dell’Iran. Si sostiene che l’affidarsi a strategie transazionali, come la normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele, non abbia affrontato le cause profonde dell’instabilità regionale. Al contrario, si evidenzia la necessità di una revisione strutturale delle strategie occidentali, con un focus su soluzioni di lungo periodo che mettano al centro l’autodeterminazione palestinese. Inoltre, il capitolo sottolinea l’importanza di un rinnovato impegno diplomatico come elemento essenziale per garantire una stabilità sostenibile sia nel Mediterraneo che nell’intera regione MENA (Dessì, 2022; Callamard, 2024; Ravid, 2024; Samaan, 2024).
2. Resilienza Economica e Transizione Digitale: Economie resilienti e sostenibili, connettività economica e trasformazione digitale, inclusione economica e innovazione.
Nel contesto delle politiche attuali, il panorama economico che ha caratterizzato i Paesi del Mediterraneo negli ultimi anni – segnato da incertezza e volatilità – deve essere analizzato attraverso la lente di uno degli obiettivi fondamentali della Nuova Agenda, incentrato sulla Resilienza Economica e la Transizione Digitale. Questo obiettivo mira alla creazione di economie resilienti e sostenibili, al potenziamento della connettività economica e della trasformazione digitale e alla promozione dell’inclusione economica e dell’innovazione. Analizzare le condizioni economiche della regione in relazione a questi obiettivi è essenziale per comprendere come le economie mediterranee possano resistere agli shock esterni, adattarsi ai progressi tecnologici e garantire una crescita inclusiva, riducendo le disuguaglianze. Tale analisi fornirà spunti preziosi sul potenziale della Nuova Agenda nel raggiungere la stabilità e lo sviluppo economico a lungo termine nella regione.
Nel Capitolo 2, Salvatore Capasso e Valerio Filoso offrono una valutazione approfondita delle traiettorie economiche dei Paesi del Mediterraneo meridionale a partire dalla Dichiarazione di Barcellona del 1995. Il documento delineava una visione di convergenza economica attraverso l’integrazione regionale tra il Mediterraneo meridionale e i suoi partner euro-mediterranei più sviluppati. Tuttavia, la realtà è stata caratterizzata da una divergenza economica crescente. Instabilità politica, conflitti in corso e problemi strutturali hanno ostacolato la crescita del Mediterraneo meridionale, ampliando il divario economico tra le due sponde del Mediterraneo (Capasso e Filoso, 2023).
L’Agenda per il Mediterraneo dell’Unione Europea mira a invertire questa tendenza attraverso partnership e sostegno finanziario, tra cui un investimento di 7 miliardi di euro nell’ambito dello Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale (NDICI). Nonostante questi sforzi, i conflitti prolungati in Paesi come Libia, Libano e Siria hanno devastato le loro economie, mentre altre nazioni affrontano sfide quali un elevato debito esterno e una cattiva gestione economica. Il capitolo evidenzia che, sebbene le iniziative dell’UE siano essenziali, esse risultano insufficienti per affrontare i problemi strutturali più profondi che da decenni affliggono la regione (Capasso e Filoso, 2023).
Uno dei principali ostacoli alla crescita è la dipendenza della regione da settori tradizionali, come l’agricoltura e il petrolio, che ha limitato la diversificazione economica e rallentato lo sviluppo. Egitto e Turchia hanno dimostrato una certa resilienza, mostrando capacità di crescita e adattamento (Capasso e Filoso, 2022). Tuttavia, altre nazioni, come Giordania e Libano, hanno registrato un declino significativo del PIL pro capite, accentuando ulteriormente il divario economico con i Paesi euro-mediterranei.
Inoltre, l’instabilità politica e gli shock esterni, tra cui la crisi finanziaria globale e la pandemia di COVID-19, hanno aggravato queste difficoltà economiche. L’aumento dei debiti esterni nei Paesi del Mediterraneo meridionale solleva preoccupazioni sulla sostenibilità del debito a lungo termine, soprattutto nei Paesi fortemente dipendenti dalle rendite petrolifere e dalle rimesse (Capasso e Filoso, 2022). La dipendenza da settori economici volatili ha ulteriormente limitato la capacità della regione di costruire economie diversificate e resilienti, in grado di resistere agli shock globali.
Il capitolo conclude con un appello per riforme strutturali, sottolineando che, senza miglioramenti nella governance, nella stabilità politica e nella gestione economica, la divergenza economica tra il Mediterraneo meridionale e l’Europa persisterà. Riforme sostenibili e cooperazione internazionale sono essenziali per colmare il divario economico e realizzare l’integrazione auspicata dalla Dichiarazione di Barcellona (Capasso e Filoso, 2023). Senza tali sforzi, la prosperità e la stabilità a lungo termine della regione mediterranea resteranno fuori portata.
La regione MENA possiede una quota significativa delle riserve energetiche globali, detenendo il 52% delle riserve mondiali di petrolio e il 43% del gas naturale. Tuttavia, affronta gravi sfide ambientali derivanti dalla sua dipendenza dai combustibili fossili (BP, 2022; Menichetti et al., 2017). La regione registra elevate emissioni di gas serra, un calo della qualità dell’aria e un livello di intensità energetica superiore del 50% alla media globale. Le grandi città, come Il Cairo, sono particolarmente colpite, con livelli di inquinamento da particolato ben al di sopra delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Wolf et al., 2022).
Nel Capitolo 3, Ferragina et al. esaminano il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) per promuovere uno sviluppo sostenibile e ridurre le emissioni nella regione MENA. Le ICT possono infatti migliorare la produttività verde, l’efficienza energetica e la creazione di posti di lavoro legati alla sostenibilità ambientale. Tuttavia, la dipendenza della regione dai combustibili fossili, insieme a sussidi che distorcono i prezzi dell’energia, frena il passaggio alle energie rinnovabili e scoraggia pratiche efficienti dal punto di vista energetico (El-Katiri e Fattouh, 2017; Lahouel et al., 2024).
L’impatto delle ICT sulla sostenibilità ambientale è, tuttavia, complesso e multidimensionale. Se da un lato le innovazioni digitali, come il telelavoro, possono ridurre il consumo energetico, dall’altro la produzione e il consumo di dispositivi ICT possono aumentarne l’uso (Shabani e Shahnazi, 2019). Questo capitolo analizza la relazione tra diffusione delle ICT, consumo energetico, emissioni ed efficienza energetica, utilizzando un dataset che copre 113 Paesi, inclusi 15 della regione MENA.
I risultati mostrano forti disparità nella diffusione delle ICT tra i Paesi della regione. Mentre le connessioni mobili sono ampiamente diffuse, l’accesso a Internet e alla banda larga resta inferiore alla media globale. I Paesi con una maggiore penetrazione delle ICT tendono ad avere emissioni di CO2 più basse per unità di energia consumata, suggerendo che le ICT possano effettivamente migliorare l’efficienza energetica. Tuttavia, la correlazione complessiva tra ICT ed emissioni risulta debole e molto variabile all’interno della regione (Wang et al., 2022; Lahouel et al., 2021).
Lo studio si conclude con raccomandazioni di policy, sottolineando la necessità di investimenti mirati in tecnologie energeticamente efficienti e infrastrutture ICT per promuovere la sostenibilità. La regione MENA deve colmare il divario digitale per sfruttare appieno il potenziale delle ICT nella riduzione delle emissioni. Smart cities, regolamentazioni adeguate e energie rinnovabili possono favorire la transizione verso un’economia più verde. Tuttavia, è fondamentale progettare politiche efficaci per garantire che i progressi digitali portino reali benefici ambientali senza aumentare il consumo energetico o le emissioni (Mundaca, 2017).
3. Migrazione e Mobilità: Sfide della migrazione irregolare, percorsi legali e sicuri per la migrazione, impatti socio-economici della mobilità.
Nel Capitolo 7, Pasquale Commendatore e Giovanni Fosco mostrano come i cambiamenti climatici abbiano profonde implicazioni per l’agricoltura e la migrazione umana, in particolare nelle regioni mediterranee. Con il riscaldamento globale che accelera a causa delle emissioni di gas serra di origine antropica, i suoi impatti si manifestano in modo disomogeneo nei diversi settori e aree geografiche. L’agricoltura, altamente sensibile alle condizioni climatiche, è uno dei settori più vulnerabili. Temperature in aumento, siccità prolungate ed eventi meteorologici estremi stanno causando gravi perturbazioni alla produttività agricola, con il Mediterraneo che affronta queste sfide a un ritmo più rapido rispetto ad altre regioni del mondo.
Il Mediterraneo è un “hotspot climatico”, dove il cambiamento climatico procede più velocemente della media globale, con estati più calde e secche e una riduzione delle precipitazioni. Questi mutamenti climatici influenzano direttamente la produttività agricola, provocando degradazione del suolo, stress termico e fallimenti dei raccolti. In particolare, la parte meridionale del Mediterraneo subirà le riduzioni più significative nella produzione agricola, mentre alcune regioni settentrionali potrebbero temporaneamente beneficiare di stagioni di crescita più lunghe, sebbene questi vantaggi non siano garantiti nel tempo.
Una conseguenza critica della diminuzione della produttività agricola è l’aumento della migrazione. Man mano che l’agricoltura diventa meno sostenibile, soprattutto nelle aree fortemente dipendenti dal settore agricolo, molte persone sono costrette a spostarsi alla ricerca di migliori opportunità economiche. Il capitolo analizza come il declino della produttività agricola indotto dal clima possa stimolare la migrazione sia all’interno che all’esterno del Mediterraneo, attraverso un modello teorico basato sulla geografia economica. Questo modello suggerisce che un calo della produttività agricola provoca lo spostamento di lavoratori, in particolare dal settore manifatturiero, verso regioni con condizioni economiche più stabili.
Dati empirici supportano questa teoria, evidenziando una correlazione negativa tra produttività agricola e tassi di migrazione. Le regioni con un significativo aumento delle temperature e stress agricolo registrano maggiori flussi migratori. Tuttavia, la natura della migrazione varia all’interno del Mediterraneo: le persone dei Paesi settentrionali, più sviluppati, tendono a emigrare al di fuori della regione, mentre gli abitanti dei Paesi meridionali sono più propensi a migrare all’interno della regione.
Il capitolo conclude sottolineando la necessità di politiche mirate per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura, migliorare la cooperazione regionale e creare opportunità economiche sostenibili per ridurre la necessità di migrazione.
4. Transizione Verde: Crescita verde e azione per il clima, transizione energetica e sicurezza energetica, efficienza delle risorse e biodiversità.
Nel contesto delle politiche attuali, il panorama economico che ha caratterizzato i Paesi del Mediterraneo negli ultimi anni – segnato da incertezza e volatilità – deve essere analizzato attraverso la lente di uno degli obiettivi fondamentali della Nuova Agenda, incentrato sulla Resilienza Economica e la Transizione Digitale. Questo obiettivo mira alla creazione di economie resilienti e sostenibili, al potenziamento della connettività economica e della trasformazione digitale e alla promozione dell’inclusione economica e dell’innovazione. Analizzare le condizioni economiche della regione in relazione a questi obiettivi è essenziale per comprendere come le economie mediterranee possano resistere agli shock esterni, adattarsi ai progressi tecnologici e garantire una crescita inclusiva, riducendo le disuguaglianze. Tale analisi fornirà spunti preziosi sul potenziale della Nuova Agenda nel raggiungere la stabilità e lo sviluppo economico a lungo termine nella regione.
La regione mediterranea è al centro del dibattito globale sull’energia, grazie alla sua posizione geografica e al suo ruolo storico come snodo per il commercio e gli scambi politici. I Paesi del Mediterraneo, in particolare nella regione MENA, detengono riserve significative di combustibili fossili, rendendoli attori chiave nei mercati energetici globali. Tuttavia, la transizione energetica globale verso fonti rinnovabili sta trasformando il panorama energetico, introducendo nuove sfide e opportunità per le nazioni mediterranee.
Nel Capitolo 8, sulla transizione energetica nel Mediterraneo, Irene Bosco e Giovanni Canitano, in questo capitolo, analizzano la questione energetica nel Mediterraneo, evidenziando che i consumi energetici nella regione sono ancora dominati dai combustibili fossili, in particolare petrolio e gas naturale. I Paesi della MENA sono sia grandi produttori che consumatori di queste risorse: Arabia Saudita, Iran ed Egitto si distinguono per il loro elevato consumo di petrolio e gas, mentre i Paesi mediterranei europei, come Spagna, Italia e Francia, stanno progressivamente passando alle energie rinnovabili, pur mantenendo una significativa dipendenza dai combustibili fossili. La Spagna, in particolare, è leader nella produzione di energia rinnovabile, con un forte focus su eolico e solare, mentre Italia e Francia contribuiscono attivamente alle iniziative di transizione energetica.
I recenti conflitti, come la guerra Russia-Ucraina e il conflitto Israele-Hamas, hanno sconvolto i mercati energetici globali, colpendo in particolare l’Europa, che dipendeva fortemente dalle esportazioni energetiche russe. Con la riduzione delle importazioni dalla Russia, i Paesi europei hanno cercato fonti alternative, aumentando gli approvvigionamenti dall’Africa settentrionale e dal Medio Oriente. Questo cambiamento sottolinea l’importanza della sicurezza energetica e la necessità di diversificare le fonti energetiche per ridurre i rischi associati alle tensioni geopolitiche.
La transizione energetica non è solo un cambiamento tecnologico, ma anche un riallineamento geopolitico. I Paesi mediterranei sono sempre più consapevoli della necessità di diversificare le proprie forniture energetiche, come dimostrano investimenti come l’ammodernamento della rete energetica spagnola e il focus italiano sulla produzione di idrogeno rinnovabile. Inoltre, iniziative come il Green Deal europeo e il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM) stanno spingendo i Paesi della MENA ad allineare le loro politiche energetiche agli obiettivi climatici globali.
Uno dei settori più promettenti per l’energia rinnovabile nel Mediterraneo è il solare. La regione gode di abbondante luce solare, soprattutto nell’Africa settentrionale e nella Penisola Arabica, dove l’energia solare potrebbe diventare una fonte primaria di approvvigionamento. Paesi come Arabia Saudita ed Egitto stanno investendo significativamente nelle infrastrutture solari come parte delle loro strategie di riduzione della dipendenza dai combustibili fossili.
Il tema dell’economia circolare e della transizione verde viene analizzata nel capitolo 9. Stergiou Eirini, Rigas Nikos e Kounetas Konstantinos studiano come la gestione dei rifiuti, l’inquinamento industriale e le politiche economiche possano guidare la transizione verde affrontando al contempo i rischi climatici. La transizione verde è essenziale per rispondere alle crescenti sfide ambientali poste dai cambiamenti climatici, dall’inquinamento e dalla perdita di biodiversità. Il Green Deal europeo, che mira a rendere l’Europa carbon neutral entro il 2050, sottolinea l’importanza di integrare crescita economica e protezione ambientale.
I rifiuti rappresentano una delle principali sfide ambientali per i Paesi del Mediterraneo. L’aumento dell’industrializzazione ha portato a una crescita della produzione di rifiuti pericolosi e non pericolosi, con effetti negativi sugli ecosistemi e sulla salute umana. Paesi come Francia, Italia e Spagna producono grandi quantità di rifiuti, richiedendo una gestione più sostenibile. Il Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di inquinanti (E-PRTR) evidenzia la necessità di dare priorità al recupero dei rifiuti rispetto allo smaltimento, promuovendo un’economia circolare.
La Direttiva quadro sui rifiuti del Green Deal europeo stabilisce politiche per una gestione sostenibile, distinguendo tra rifiuti pericolosi e non pericolosi e ottimizzando l’uso delle risorse. Per i Paesi mediterranei, la gestione sostenibile dei rifiuti rappresenta un’opportunità per promuovere la crescita verde, riducendo le emissioni di gas serra e creando nuove opportunità economiche.
Il capitolo 10 tratta il tema dei cambiamenti climatici e la geopolitica. Desiree Quagliarotti esplora le modalità in cui i cambiamenti climatici possano esacerbare le tensioni nella regione mediterranea. I rischi climatici, come gli eventi meteorologici estremi, la scarsità di risorse e il degrado degli ecosistemi, minacciano di destabilizzare Stati già fragili, mentre le politiche climatiche, sebbene necessarie, introducono nuove sfide economiche e geopolitiche.
I Paesi del Mediterraneo meridionale e orientale (SEMCs), caratterizzati da ecosistemi fragili e forte dipendenza dalle importazioni agricole, sono particolarmente vulnerabili. La transizione verso le energie rinnovabili nei Paesi del Mediterraneo settentrionale (NMCs) potrebbe creare nuove dipendenze economiche, mentre i Paesi esportatori di petrolio della MENA rischiano gravi conseguenze socio-economiche a causa del calo della domanda globale di combustibili fossili.
L’autrice conclude con una valutazione critica della Nuova Agenda per il Mediterraneo dell’UE, esplorando il suo potenziale per affrontare queste sfide. Senza superare gli ostacoli politici ed economici sottostanti, gli obiettivi della Nuova Agenda rischiano di rimanere puramente teorici, limitandone l’efficacia nel gestire le complessità geopolitiche della regione di fronte ai cambiamenti climatici.
5. Sviluppo umano e buona governance: istruzione e formazione professionale, riforme nell’amministrazione pubblica, diritti umani e governance responsabile.
Storicamente, l’approccio dell’Unione Europea ai suoi vicini mediterranei è stato frammentato, influenzato dalle eredità coloniali e modellato dagli accordi di associazione. Tuttavia, con la Dichiarazione di Barcellona del 1995 e la successiva istituzione dell’Unione per il Mediterraneo (UfM), l’UE ha iniziato a sviluppare un quadro più strutturato per la cooperazione regionale. L’Unione per il Mediterraneo ha identificato aree chiave di collaborazione, tra cui l’azione per il clima, lo sviluppo umano e l’integrazione economica.
La Nuova Agenda per il Mediterraneo dà priorità alle transizioni verde e digitale, alla resilienza climatica e alla migrazione e mobilità, accanto agli obiettivi di lungo periodo di promozione dello stato di diritto, della pace e della sicurezza nella regione. Nel Capitolo 11, Immacolata Caruso, Valentina Noviello e Bruno Venditto offrono un’analisi critica del ruolo in evoluzione dei paesi partner nel quadro euro-mediterraneo, concentrandosi sulle attività di cooperazione e sugli strumenti di politica utilizzati dall’UE nei confronti dei paesi del Vicino Sud. Particolare attenzione viene dedicata alla questione complessa e delicata della gestione della migrazione, che continua a rappresentare una delle principali sfide del panorama geopolitico e socioeconomico della regione.
La migrazione è una delle questioni più urgenti e controverse nel contesto euro-mediterraneo. Le politiche migratorie dell’UE si sono evolute nel tempo: inizialmente focalizzate sul controllo delle frontiere e sulla sicurezza, hanno successivamente tentato di sviluppare strategie più ampie per affrontare le cause profonde della migrazione. La Nuova Agenda continua a dare priorità alla sicurezza, alla gestione delle frontiere e al controllo migratorio, ma è stata criticata per non affrontare in modo adeguato i fattori strutturali della migrazione, come la povertà e l’instabilità politica nei paesi del Vicino Sud. I critici sostengono che questo approccio securitario, che esternalizza la gestione della migrazione a paesi extra-UE, spesso porta a violazioni dei diritti umani e non favorisce soluzioni di lungo periodo.
Nonostante queste critiche, la Nuova Agenda apre anche opportunità di cooperazione più profonda in settori come l’istruzione, la governance e la riforma economica. Iniziative di punta in paesi come Marocco, Tunisia ed Egitto mirano a modernizzare i sistemi educativi, migliorare la protezione sociale e promuovere le energie rinnovabili. Questi progetti sono concepiti per stimolare la crescita economica, creare posti di lavoro e migliorare le condizioni di vita, soprattutto per i giovani, che spesso sono i principali protagonisti dei movimenti migratori.
La strategia dell’UE per il Mediterraneo si è evoluta da un approccio multilaterale e ampio a un approccio più mirato e bilaterale, che affronta le priorità nazionali specifiche. Tuttavia, l’efficacia di questa strategia dipenderà dalla sua capacità di navigare tra le complesse dinamiche della regione, dove si intrecciano interessi economici locali, tensioni geopolitiche e pressioni migratorie. Per raggiungere uno sviluppo sostenibile e la stabilità nel Mediterraneo, l’UE dovrà promuovere una collaborazione più profonda con i suoi vicini del sud, garantendo che le politiche adottate favoriscano la crescita di lungo periodo, la protezione ambientale e la coesione sociale in tutta la regione.
La correlazione negativa tra disuguaglianza di genere e sviluppo economico è ben documentata ed è particolarmente evidente nella regione mediterranea. Nel Capitolo 12, Giacalone et al. esaminano le conseguenze della disuguaglianza di genere sullo sviluppo, in un contesto in cui, nonostante i chiari vantaggi dell’uguaglianza di genere, il divario persiste, specialmente nelle discipline scientifiche. Il Global Gender Gap Report evidenzia la continua sottorappresentazione delle donne nella ricerca e nell’innovazione, in particolare nei paesi mediterranei, dove le norme patriarcali e le barriere strutturali limitano le opportunità delle donne in ruoli di leadership e nei campi scientifici. Discriminazioni sistemiche, pregiudizi e stereotipi culturali spesso ostacolano l’accesso delle donne all’istruzione e all’occupazione, specialmente nei settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), aggravando ulteriormente le disparità di genere.
Nel Nord Africa, ad esempio, le donne sono generalmente sottorappresentate nei settori della ricerca scientifica a causa del limitato accesso all’istruzione superiore e alla tecnologia. Questa disparità di genere persiste nonostante l’impatto positivo che una maggiore partecipazione femminile potrebbe avere sulla crescita economica e lo sviluppo sostenibile. Studi dimostrano che quando le donne hanno l’opportunità di esprimere il loro potenziale nella scienza e nell’innovazione, contribuiscono in modo significativo al progresso, apportando prospettive uniche, pensiero critico e approcci innovativi alla ricerca scientifica.
Per colmare il divario di genere nella scienza, sono essenziali programmi mirati allo sviluppo della regione mediterranea. Iniziative come Horizon Europe e PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) promuovono l’uguaglianza di genere incoraggiando la partecipazione femminile nella ricerca e nell’innovazione. Il premio “Woman Greening Food System Award” di PRIMA riconosce il contributo delle donne nell’agricoltura sostenibile, mentre la campagna della Commissione Europea #EndGenderStereotypes sfida gli stereotipi di genere dannosi. Queste iniziative mirano ad aumentare la rappresentanza femminile nei campi STEM e nei ruoli di leadership, contribuendo a una comunità scientifica più inclusiva e produttiva.
L’uguaglianza di genere non solo favorisce l’innovazione scientifica, ma promuove anche la crescita economica, la sostenibilità ambientale e il progresso sociale. Per raggiungere questi obiettivi, i paesi mediterranei devono implementare politiche a sostegno dell’equità di genere, migliorare l’accesso all’istruzione e sfidare le barriere culturali e strutturali che limitano il potenziale delle donne. Attraverso investimenti continui nell’uguaglianza di genere e nella scienza, la regione mediterranea potrà sfruttare appieno il proprio capitale umano, orientandosi verso un futuro più sostenibile e prospero.
Nel Capitolo 13, Perna, Varriale e Volpe analizzano il patrimonio culturale nelle regioni mediterranee. Il patrimonio culturale svolge un ruolo cruciale nella preservazione della storia, dell’identità e del tessuto sociale delle comunità mediterranee. La regione, con la sua vasta ricchezza di beni materiali e immateriali – come monumenti storici, manufatti, tradizioni e lingue – rappresenta un crocevia di scambi culturali tra tre continenti. Questo ricco patrimonio favorisce il dialogo interculturale e contribuisce in modo significativo alle economie locali, soprattutto attraverso il turismo. Tuttavia, le sfide della sostenibilità, dell’innovazione tecnologica e dell’inclusività sono diventate centrali per garantire la protezione e la rilevanza continua di questo patrimonio.
Negli ultimi decenni, due tendenze principali hanno plasmato la gestione e la conservazione del patrimonio culturale: l’attenzione crescente alla sostenibilità e l’integrazione delle tecnologie intelligenti. La sostenibilità nel patrimonio culturale riguarda la gestione attenta delle risorse culturali per garantirne la durata per le future generazioni. Questo include la conservazione fisica e pratiche di turismo sostenibile, che bilanciano lo sviluppo economico locale con la protezione degli asset culturali e naturali.
Allo stesso tempo, i progressi tecnologici stanno trasformando il modo in cui il patrimonio culturale viene vissuto e preservato. Tecnologie digitali e smart, come la realtà virtuale (VR), la realtà aumentata (AR) e le piattaforme interattive, offrono nuovi modi per coinvolgere il pubblico, rendendo i siti più accessibili e attraenti. Tuttavia, persistono lacune nella ricerca sull’integrazione efficace della tecnologia nella conservazione del patrimonio mediterraneo.
Conclusioni
La regione mediterranea si trova in un momento cruciale, in cui trasformazioni geopolitiche, sfide economiche e pressioni ambientali si intrecciano. La “Nuova Agenda per il Mediterraneo” offre un quadro strategico volto a promuovere stabilità, resilienza e crescita sostenibile. Tuttavia, il suo successo dipende dalla capacità di affrontare problemi strutturali profondi, rafforzare la cooperazione regionale e bilanciare le influenze globali. Sfruttando le opportunità offerte dalla trasformazione digitale, dall’energia verde e dallo sviluppo inclusivo, il Mediterraneo può affrontare le proprie complessità e affermarsi come una regione più integrata e resiliente nell’economia globale.
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